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Inquinamento: un’emergenza per la nostra salute?
L'inquinamento atmosferico è da tempo un'emergenza sanitaria, con costi sociali e sanitari altissimi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 800.000 le morti causate ogni anno nel mondo dall'inquinamento ed è ormai confermata la diretta relazione tra esposizione ad agenti inquinanti e insorgenza di numerosi stati patologici.
Gli effetti sull'organismo sono di tipo acuto o cronico sia a livello dell'apparato respiratorio che del sistema cardiovascolare. Particolarmente esposti sono i bambini, gli anziani, gli asmatici e, in generale, tutte le persone con malattie polmonari e cardiache preesistenti.
A tal proposito, negli ultimi anni, numerosi studi clinici ed epidemiologici hanno indicato i dannosi effetti dell'inquinamento atmosferico sul sistema cardiovascolare e su quello cerebrovascolare. I principali imputati? Monossido di carbonio, ossidi di azoto, diossido di zolfo, ozono, piombo, ma più di tutti il famigerato particolato fine, comunemente conosciuto con il nome di ”polveri sottili”.
Le polveri sottili sono piccole particelle di materia (denominate tecnicamente PM), solide o liquide, di natura sia organica sia inorganica, presenti in sospensione nell'aria che respiriamo.
La loro pericolosità è inversamente proporzionale alle loro dimensioni: quelle con un diametro maggiore di 30 micron (milionesimi di metro) vengono fermate nella parte alta dell'albero respiratorio e poi espulse con la tosse; quelle con un diametro inferiore a 10 micron (caratterizzate dalla sigla PM10 o PM2,5 se di dimensioni ancora più piccole), invece, riescono a raggiungere i tratti successivi delle vie respiratorie, dai bronchi sino agli alveoli polmonari.
Quali evidenze correlano l'inquinamento ai problemi cardiovascolari?
L'American Heart Association ha diffuso nel 1994 un dettagliato rapporto scientifico sulle correlazioni tra inquinamento atmosferico e malattie cardiovascolari. Nel 2007 i risultati di uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine indicavano come il cuore sia gravemente colpito dall'inquinamento cittadino: infatti i gas di scarico delle automobili ne influenzano l'attività elettrica e ne diminuiscono l'ossigenazione. Un'ulteriore ricerca? "Lo smog favorisce infarti e ictus perché ispessisce il sangue favorendo la formazione di grumi e coaguli nei vasi sanguigni", spiegano sull'Occupational and Environmental Medicine Journal gli studiosi dell'università di Edimburgo.
E in Italia? Nello studio MISA 2, una metanalisi sugli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico per il periodo 1996-2002, un pool di esperti distribuito nelle 15 più grandi città italiane ha stimato il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e respiratorie) attribuibili all’inquinamento atmosferico. Si è visto così che nel periodo in oggetto il PM10 è stato causa di circa 900 decessi in più all’anno.
Un’altra ricerca presentata dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) nel 2006 ha dimostrato come, nei giorni di traffico intenso, il rischio di un attacco cardiaco aumenti anche fino al 5 per cento mentre si aggravano le condizioni di chi ha subito di recente un infarto: infatti, per ogni aumento, rispetto alla media, di 10 microgrammi per metro cubo di queste polveri (PM10) si ha un aumento del 2 per cento della probabilità di un secondo evento cardiovascolare.
Quali sono i meccanismi alla base del danno?
Le polveri sottili una volta respirate, hanno la capacità di passare direttamente dal naso ai polmoni al sangue, dove vengono assorbite in percentuali comprese tra il 28 per cento e il 50 per cento della parte inalata. Una volta in circolo agiscono alterando le funzioni cellulari e innestando un'infiammazione generalizzata frutto dei radicali liberi generati in grandi quantità.
Le conseguenze di questo processo sull'apparato cardiovascolare sono molteplici: attivazione dei fattori della coagulazione, aumento della viscosità del sangue, squilibrio della funzione vascolare, incremento della vasocostrizione e aumento della formazione di placche aterosclerotiche.
Tutto ciò provoca una maggiore probabilità della formazione di trombi e, quindi, un maggior rischio di episodi ischemici.
In che modo difenderci dagli effetti nocivi?
Alcune accortezze possono essere di aiuto. Ad esempio, limitare l'esposizione ed evitare sforzi fisici in zone trafficate nelle ore di punta o in giorni considerati a “rischio”, preferendo vie secondarie ad arterie a grande scorrimento; utile è anche eseguire il ricambio di aria negli ambienti chiusi nelle prime ore della giornata, quando, di solito, si ha un più basso livello di PM10.
E le mascherine? Da alcuni test comparativi è emerso che solo alcune mascherine usa e getta offrono qualche garanzia di protezione dalle polveri fini. Le più efficaci, e anche le più care, sono quelle che riportano la classe FFP3 e che hanno la garanzia di un ente di certificazione. Le comuni mascherine in tessuto leggero danno solo la falsa sicurezza di proteggersi dalle emissioni inquinanti.
Inoltre è bene sottolineare come in un’atmosfera di generalizzato quanto a volte inerte allarmismo sul tema dell’inquinamento troppo spesso si dimentichi il ruolo attivo che possiamo avere operando corrette scelte individuali.
Per prima cosa, dunque, dovremmo cercare di limitare l’utilizzo dell'automobile. Oltretutto, forse non tutti sanno che la qualità dell'aria nell'abitacolo è quasi sempre peggiore di quella esterna, perché al chiuso gli inquinanti tendono a concentrarsi e a combinarsi con altre sostanze presenti nell'auto (ad esempio quelle rilasciate da sedili, cruscotto, deodoranti per abitacolo e fumo di tabacco).
Ricordiamo, poi, che il riscaldamento domestico è responsabile di circa il 30 per cento delle emissioni di polveri sottili. E quindi imparando a contenere e a ottimizzare i consumi energetici nelle nostre case respireremmo anche aria più pulita.
A cura di Stefania Mengoni
Il Pensiero Scientifico Editore
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Inquinamento: un’emergenza per la nostra salute?
L'inquinamento atmosferico è da tempo un'emergenza sanitaria, con costi sociali e sanitari altissimi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 800.000 le morti causate ogni anno nel mondo dall'inquinamento ed è ormai confermata la diretta relazione tra esposizione ad agenti inquinanti e insorgenza di numerosi stati patologici.
Gli effetti sull'organismo sono di tipo acuto o cronico sia a livello dell'apparato respiratorio che del sistema cardiovascolare. Particolarmente esposti sono i bambini, gli anziani, gli asmatici e, in generale, tutte le persone con malattie polmonari e cardiache preesistenti.
A tal proposito, negli ultimi anni, numerosi studi clinici ed epidemiologici hanno indicato i dannosi effetti dell'inquinamento atmosferico sul sistema cardiovascolare e su quello cerebrovascolare. I principali imputati? Monossido di carbonio, ossidi di azoto, diossido di zolfo, ozono, piombo, ma più di tutti il famigerato particolato fine, comunemente conosciuto con il nome di ”polveri sottili”.
Le polveri sottili sono piccole particelle di materia (denominate tecnicamente PM), solide o liquide, di natura sia organica sia inorganica, presenti in sospensione nell'aria che respiriamo.
La loro pericolosità è inversamente proporzionale alle loro dimensioni: quelle con un diametro maggiore di 30 micron (milionesimi di metro) vengono fermate nella parte alta dell'albero respiratorio e poi espulse con la tosse; quelle con un diametro inferiore a 10 micron (caratterizzate dalla sigla PM10 o PM2,5 se di dimensioni ancora più piccole), invece, riescono a raggiungere i tratti successivi delle vie respiratorie, dai bronchi sino agli alveoli polmonari.
Quali evidenze correlano l'inquinamento ai problemi cardiovascolari?
L'American Heart Association ha diffuso nel 1994 un dettagliato rapporto scientifico sulle correlazioni tra inquinamento atmosferico e malattie cardiovascolari. Nel 2007 i risultati di uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine indicavano come il cuore sia gravemente colpito dall'inquinamento cittadino: infatti i gas di scarico delle automobili ne influenzano l'attività elettrica e ne diminuiscono l'ossigenazione. Un'ulteriore ricerca? "Lo smog favorisce infarti e ictus perché ispessisce il sangue favorendo la formazione di grumi e coaguli nei vasi sanguigni", spiegano sull'Occupational and Environmental Medicine Journal gli studiosi dell'università di Edimburgo.
E in Italia? Nello studio MISA 2, una metanalisi sugli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico per il periodo 1996-2002, un pool di esperti distribuito nelle 15 più grandi città italiane ha stimato il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e respiratorie) attribuibili all’inquinamento atmosferico. Si è visto così che nel periodo in oggetto il PM10 è stato causa di circa 900 decessi in più all’anno.
Un’altra ricerca presentata dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) nel 2006 ha dimostrato come, nei giorni di traffico intenso, il rischio di un attacco cardiaco aumenti anche fino al 5 per cento mentre si aggravano le condizioni di chi ha subito di recente un infarto: infatti, per ogni aumento, rispetto alla media, di 10 microgrammi per metro cubo di queste polveri (PM10) si ha un aumento del 2 per cento della probabilità di un secondo evento cardiovascolare.
Quali sono i meccanismi alla base del danno?
Le polveri sottili una volta respirate, hanno la capacità di passare direttamente dal naso ai polmoni al sangue, dove vengono assorbite in percentuali comprese tra il 28 per cento e il 50 per cento della parte inalata. Una volta in circolo agiscono alterando le funzioni cellulari e innestando un'infiammazione generalizzata frutto dei radicali liberi generati in grandi quantità.
Le conseguenze di questo processo sull'apparato cardiovascolare sono molteplici: attivazione dei fattori della coagulazione, aumento della viscosità del sangue, squilibrio della funzione vascolare, incremento della vasocostrizione e aumento della formazione di placche aterosclerotiche.
Tutto ciò provoca una maggiore probabilità della formazione di trombi e, quindi, un maggior rischio di episodi ischemici.
In che modo difenderci dagli effetti nocivi?
Alcune accortezze possono essere di aiuto. Ad esempio, limitare l'esposizione ed evitare sforzi fisici in zone trafficate nelle ore di punta o in giorni considerati a “rischio”, preferendo vie secondarie ad arterie a grande scorrimento; utile è anche eseguire il ricambio di aria negli ambienti chiusi nelle prime ore della giornata, quando, di solito, si ha un più basso livello di PM10.
E le mascherine? Da alcuni test comparativi è emerso che solo alcune mascherine usa e getta offrono qualche garanzia di protezione dalle polveri fini. Le più efficaci, e anche le più care, sono quelle che riportano la classe FFP3 e che hanno la garanzia di un ente di certificazione. Le comuni mascherine in tessuto leggero danno solo la falsa sicurezza di proteggersi dalle emissioni inquinanti.
Inoltre è bene sottolineare come in un’atmosfera di generalizzato quanto a volte inerte allarmismo sul tema dell’inquinamento troppo spesso si dimentichi il ruolo attivo che possiamo avere operando corrette scelte individuali.
Per prima cosa, dunque, dovremmo cercare di limitare l’utilizzo dell'automobile. Oltretutto, forse non tutti sanno che la qualità dell'aria nell'abitacolo è quasi sempre peggiore di quella esterna, perché al chiuso gli inquinanti tendono a concentrarsi e a combinarsi con altre sostanze presenti nell'auto (ad esempio quelle rilasciate da sedili, cruscotto, deodoranti per abitacolo e fumo di tabacco).
Ricordiamo, poi, che il riscaldamento domestico è responsabile di circa il 30 per cento delle emissioni di polveri sottili. E quindi imparando a contenere e a ottimizzare i consumi energetici nelle nostre case respireremmo anche aria più pulita.
A cura di Stefania Mengoni
Il Pensiero Scientifico Editore
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