L'altra domenica ho guardato il calcio in tv assieme ai miei figli e
ai loro amici. A un certo punto, durante la partita (della Roma), alcuni
di loro hanno sfilato dalle tasche certi bigliettini (tipo scontrini
del supermercato), e si sono confrontati febbrilmente su chi avesse
azzeccato i pronostici e chi no.
Ho registrato sbadatamente l'episodio, assimilandolo al rito delle
fatidiche schedine che compilavo assieme ai miei amici nei pomeriggi del
sabato, tanti anni fa, quando ricopiavamo cifre con la penna biro sulle
tre colonne, fantasticando su vincite strepitose che non si sono mai
verificate.
A mente lucida, finita la partita, ci ho riflettuto meglio. Ho
realizzato che qualcosa non funzionava, in quella storia dei biglietti.
La maggior parte degli amici dei miei figli sono minorenni, e nonostante
questo avevano fatto chissà come regolari scommesse in alcune
ricevitorie ufficiali. Com'era potuto accadere? Ho pensato, allora, che
qualcosa di grave sta accadendo, riguardo alle scommesse, ed è così. In
realtà il fenomeno delle scommesse è diventata una cosa talmente seria
che il Ministro della Sanità ha inserito la ludopatia, ovvero dipendenza
da gioco d'azzardo, tra i livelli essenziali di assistenza (Lea).
I Lea sono servizi e prestazioni garantiti dal Servizio Sanitario
Nazionale su tutto il territorio nazionale con DPCM del 29/11/2001, in
base ad un accordo tra Stato e Regioni, consultabile sul
sito del
Ministero della Salute. L'elenco dei Lea viene aggiornato man mano che
si evidenziano nuove patologie, quando queste ultime vengono formalmente
riconosciute come tali, e possono perciò usufruire delle cure gratuite
da parte del Ssn. Qualche mese fa, la ludopatia è stata inserita assieme
a 110 malattie rare nei Lea, assieme alle broncopatie croniche
ostruttive medie e gravi (patologia tipica dei fumatori), alle patologie
renali croniche, e ad altre patologie.
L'
art 5 del DDL 13/9/2012 n°158
inserisce la prevenzione, la cura e la riabilitazione dalla ludopatia
nell'ambito dell'attività riabilitativa sanitaria e sociosanitaria alle
"persone affette da dipendenze patologiche o comportamenti di abuso di
sostanze", fin qui previste solo per la dipendenza da droga e alcool. Le
prestazioni a beneficio dei malati da gioco d'azzardo verranno rese nei
Sert (Servizi per le Tossicodipendenze), Centri Diurni ecc, gli stessi
che accudiscono i tossicodipendenti e gli alcoolisti. La dipendenza e i
danni, infatti, non sono meno gravi.
La trappola è a portata di mano, al bar, in tabaccheria e adesso
anche sul cellulare dice lo psicologo Cesare Guerreschi fondatore della
Società Italiana interventi sulle patologie compulsive e autore del
libro "Non è un gioco. Conoscere e sconfiggere la dipendenza da gioco
d'azzardo" (San Poalo Editore). Spesso la persona predisposta al gioco
compulsivo vive un malessere, tende alla depressione e, nel gioco, trova
una gratificazione. Inoltre, continua Guerreschi, premesso che il
problema si innesca in un lungo arco di tempo non se ne esce da soli,
bisogna chiedere aiuto. I trattamenti consistono in trattamenti di
gruppo, individuali e qualche volta con l'aiuto di farmaci. Sempre sotto
la guida di specialisti ovviamente!
Quanti "ludopatici" si contano oggi in Italia? Sempre secondo il
Ministero della Salute, i malati di gioco d'azzardo, in Italia sono
700.000, di cui 300.000 patologici. Nel 2011, secondo i dati della
Relazione sullo stato delle tossicodipendenze
in Italia, sono stati in trattamento per gioco d'azzardo patologico
4687 soggetti, per un costo sul SSN pari a quasi 1 milione di euro.
Rapportando questa cifra a tutti i ludopatici patologici il costo per
il trattamento oscillerebbe tra i 60 e i 140 milioni di euro, farmaci
esclusi. Stiamo parlando solo del gioco legale, ovvero una percentuale
minima di quello complessivo. Per controbilanciare queste spese, lo
Stato, secondo la
Ragioneria Generale dello Stato,
ha incassato dal Lotto e affini 12,345 milioni di euro nel 2011, e
prevede di incrementare le entrate, al netto da vincite e spese, a
14,504 milioni entro il 2013. Esiste poi un mercato parallelo, ancorché
legale. Quello on line. Se digitate su Google "
Giochi d'azzardo on line", troverete 825.000 siti; "Casinò on line" ne troverete 206.000.000, e per "scommesse on line" 1.620.000.
Il gioco d'azzardo on line, come
spiega il sociologo Maurizio Fiasco in un'intervista al settimanale
Famiglia Cristiana
(n°51 16/12/2012 a pg 36), prolifera anche grazie al fatto che lo
Stato, pur di incrementare il business, ha abbassato il prelievo fiscale
allo 0,53% sul poker on line e allo 0,61% sul casinò on line. A fine
2012, gli italiani hanno speso nel gioco circa 100 milioni di euro, di
cui il 25% solo con i giochi on line, di cui lo Stato incasserà
solamente 375mila euro.
Eppure giocare on line è dannatamente pericoloso: porta rapidamente a
dipendenza, dato che è possibile farlo anche tramite un cellulare, in
qualsiasi momento della giornata, in qualunque posto e situazione. Anche
se tutti i siti suggeriscono per obbligo legale di giocare "con
moderazione", gli ammonimenti e gli sbarramenti sembrano fittizi. A cosa
serve avvertire del fatto che per scommettere bisogna avere 18 anni, se
poi nessuno effettuerà una verifica reale sull'età del giocatore? A un
minorenne basta rubare il numero della carta di credito di un suo
genitore, e calcolare on line il suo
codice fiscale e il "gioco" è fatto, in senso metaforico e reale.
Eppure nessuno approfondisce le conseguenze micidiali della strategia
di comunicazione adottata da quei siti. Alcuni sono addirittura sponsor
di squadre di calcio di serie A, hanno come testimonial campioni di
fama, "idoli" dei nostri figli, producono magliette ed altri gadgets.
Sono le solite contraddizioni e ambivalenze di uno Stato che, se da un
lato spende danaro per protegge i cittadini dai danni del gioco,
dall'altro lucra sulle scommesse, ed elabora strategie sempre più
invoglianti per diffondere il vizio.
Esattamente come se da un lato guadagna sul consumo di tabacco,
dall'altro spende danaro per curare i malati di broncopatia cronica
ostruttiva. Una lucida follia? Che senso ha? Come uscirne? Prendendo
atto innanzi tutto, come genitori, contribuenti e cittadini, che quello
d'azzardo è un gioco nel quale si perde sempre e tutti, e nel quale,
salvo chi ci specula, non vince mai nessuno. Sicuramente non lo Stato, e
tantomeno i nostri di figli, anche quando azzeccano i risultati.
Sarebbe bello se, business o no, la pubblica amministrazione,
nell'interesse collettivo, in quello della salute pubblica e dei bilanci
della sanità, invece di investire danaro in trattamenti lunghi e
costosi e spesso destinati al fallimento, trovasse il coraggio di
sostituire le pubblicità del gioco d'azzardo con efficaci campagne di
prevenzione, così com'è avvenuto, con ottimi risultati, per il fumo. Le
campagne sugli stili di vita e la tutela della salute, a mio avviso,
dovrebbero attrezzarsi per sedurre lo stesso target di consumatori
manipolati dai venditori di tabacco, fumo e alcool: i nostri figli, che
sono il bersaglio più facile e più redditizio preso di mira dai
produttori. Trovare il linguaggio giusto per colpirli e aiutarli a
difendersi, per prevenire, credo funzionerebbe meglio di certe soluzioni
che suonano come sparate. Come quella di allontanare i videopoker di
almeno 500 metri dalle scuole, quasi non esistessero mezzi di trasporto o
mappe per raggiungere i luoghi della trasgressione.
Personalmente, come padre e cittadino, dinnanzi all'inerzia
amministrativa che ha permesso il dilagare patologico del gioco, non
posso che sperare nelle donne. Se davvero vedranno aumentare la loro
rappresentanza nella prossima Legislatura, se porteranno il valore
aggiunto del buon senso nella politica e nell'amministrazione, anche in
questo campo io credo che le generazioni più giovani saranno finalmente
più tutelate. Spero sinceramente che se ne prenderanno cura. Contiamo su
di loro e sulla loro sensibilità per questi temi. Sicuramente tutti
quelli che hanno "lavorato" fino ad ora hanno fallito!
DI Carlo Eugenio Vitelli per http://www.huffingtonpost.it/
leggi anche :
http://cipiri.blogspot.it/2013/05/no-slot-ludopatia-una-trappola-per-tutti.html
No slot : Ludopatia una trappola per tutti
Le macchinette vlt, le cosiddette “video lottery”, evoluzione delle slot-machine presenti nelle sale giochi e sempre più numerose nelle nostre città, pagano al fisco circa il 3 per cento in termini di tassazione fiscale. Sul pane si paga una tassazione del 4 per cento pieno.... continua a leggere QUI
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