(Dr.ssa Anna Sannino - Ricercatrice presso la
Stazione Sperimentale per l'Industria delle Conserve Alimentari di Parma - SSICA)
- Ftalati: cosa sono? Perché sono preoccupanti? Ci può
illustrare brevemente alcune caratteristiche merceologiche e
tossicologiche degli ftalati?
Gli
ftalati ( esteri dell'acido ftalico) sono usati nell'industria delle materie plastiche come
agenti plastificanti,
ovvero come sostanze aggiunte al polimero per impartire caratteristiche
di flessibilità ed elasticità. Il PVC è la principale materia plastica
(in termini di volume di produzione) in cui vengono impiegati. Vengono
usati anche per gli inchiostri da stampa, per gli adesivi e la gomma.
Gli ftalati maggiormente utilizzati nel PVC flessibile sono
DEHP (di-2-etilesilftalato) e DINP (di-isononilftalato).
La larga diffusione nell’uso degli ftalati , avvenuta negli ultimi 40
anni, ha portato a studiare in modo approfondito gli effetti sulla
salute umana. Sperimentazioni sugli animali da laboratorio hanno
mostrato che i tipici effetti critici
riguardano la tossicità epatica, testicolare e riproduttiva.
L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ( EFSA) attraverso i
pareri del gruppo di esperti scientifici sugli additivi alimentari, gli
aromatizzanti, i coadiuvanti tecnologici e i materiali a contatto con
gli alimenti ( AFC) ha stabilito
le dosi giornaliere tollerabili (TDI) per alcuni ftalati ed ha stimato che
l’esposizione dell’uomo attraverso la dieta rientra nei valori di TDI.
A causa dell’uso estensivo iniziato negli scorsi decenni e le loro
proprietà relativamente non polari, essi possono essere presenti
nell’ambiente, ad esempio
adsorbiti dal suolo e sedimenti. Questo può portare ad
una contaminazione del mangime e dei prodotti alimentari. I prodotti alimentari possono essere anche contaminati mediante
la
migrazione da polimeri contenenti ftalati che sono a contatto con la
matrice alimentare durante il confezionamento e lo stoccaggio.
Oggi l’uso ftalati nei materiali destinati al contatto con gli alimenti è
meno diffuso in quanto sono stati sostituiti da altri plastificanti.
Diverse sono le fonti possibili cui possono esporsi le persone:
alimenti, materiale di confezionamento e oggetti d'uso ( guanti in PVC,
giocattoli);
- Qual è il principale veicolo di contaminazione da ftalati nel cibo?
Poiché gli ftalati non formano legami stabili ed irreversibili con il PVC che li contiene,
in
caso di contatto con alimenti oleosi o comunque contenenti grassi essi
tendono a fuoriuscire dalla matrice di PVC e a migrare nell’alimento.
La direttiva della commissione europea del 30 marzo 2007 relativa ai
materiali ed agli oggetti di materia plastica destinati a venire a
contatto con gli alimenti ha stabilito che alcuni ftalati possono
essere utilizzati unicamente come plastificanti in materiali e oggetti a
contatto con alimenti non grassi. Sono fissati inoltre
limiti di migrazione specifica (LMS) riferiti al simulante alimentare impiegato nelle prove di migrazione .
- Ci racconta brevemente la sua ricerca ed i risultati?
È stata effettuata l’analisi di 12 ftalati in 50 campioni di prodotti
all’olio conservati in vasetti di vetro. I campioni comprendevano
pomodori secchi in olio, olive in olio, ortaggi in olio, salse al
pomodoro e al pesto ligure e acquistati nel 2006. Dieci dei 12 ftalati
presi in esame sono risultati inferiori al limite di determinazione del
metodo. Il disobutil ftalato (DIBP) era presente in 4 campioni a livelli
di concentrazione compresi tra 0,1 e 0,4 mg/kg, valori molto bassi se
consideriamo che il limite di migrazione specifica (LMS) per il DBP è di
0,3 mg/kg. Sono stati trovati livelli di concentrazione del
di-2-etilesilftalato (DEHP) superiori al limite di determinazione del
metodo in 20 campioni con livelli di concentrazione tra 0,1 e 6 mg/Kg.
Solo in 5 campioni la concentrazione di DEHP eccedeva il limite di
migrazione specifica fissato dalla Direttiva di 1,5 mg/kg con una media
di 3 mg/kg. Questi prodotti comprendevano pomodori, ortaggi all’olio
d’oliva e pesto con un contenuto di olio di circa il 40%. L’analisi
delle guarnizioni dei coperchi per la chiusura dei vasetti ha mostrato
assenza di ftalati e questo potrebbe suggerire che
la fonte di contaminazione da DEHP è l’olio d’oliva impiegato nella preparazione della conserva. Studi recenti hanno mostrato che il DEHP può essere presente nell’olio d’oliva come
probabile conseguenza dell’uso di materiali plastici durante le fasi del processo di produzione.
- Che implicazioni “pratiche” possono avere i risultati della sua ricerca? Che consigli possiamo dare ai cittadini e consumatori?
Le implicazioni pratiche riguardano la considerazione che la fonte
della contaminazione di un alimento contenente olio non necessariamente
deriva dalla cessione di molecole dall’imballaggio ma potrebbe essere un
ingrediente dell’alimento stesso.
I consigli che possiamo dare ai consumatori sono senz’altro legati
all’uso di oggetti o materiali di plastica, non adatti agli alimenti , nel conservare alimenti soprattutto se questi
contengono olio o grassi. Anche manipolare alimenti con guanti contenenti ftalati potrebbe portare ad una contaminazione degli alimenti stessi.
http://www.sicurezzaalimentare.it/sicurezza-produttiva/Pagine/Ftalatierischiperlasaluteparla.aspx
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