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giovedì 25 giugno 2009
mercoledì 17 giugno 2009
CELLULARE-MANIA ... MA DIECIMILA ITALIANI SONO ALLERGICI
CELLULARE-MANIA ... MA DIECIMILA ITALIANI SONO ALLERGICI
Sono diecimila gli italiani allergici al cellulare e che soffrono della dermatite da telefonino: un’allergia localizzata intorno all’orecchio causata dalla presenza di nichel o, meno spesso, dal cromo delle parti metalliche del telefonino. La dermatite da cellulare riguarda, nella maggior parte dei casi, giovani e giovanissimi con un ’età che oscilla fra i 18 e i 35 anni: quasi sempre il problema è associato a un utilizzo prolungato del telefonino, che supera un’ora e mezza al giorno. Cromo e nichel, che secondo stime recenti non sono tollerati da circa il 20% della popolazione, sono spesso impiegati nei cellulari e negli Stati Uniti un telefonino su due contiene nichel nel metallo attorno allo schermo, nella tastiera e nel logo.
La situazione non è diversa per l’Europa, malgrado le normative della Comunità Europea che impongono limiti ai contenuti di nichel in alcuni prodotti, come ad esempio quelli della bigiotteria, tuttavia, non esistono regole specifiche per i telefoni cellulari che, durante la giornata, più di altri oggetti, sono a stretto contatto con la pelle. Se ne parlerà all’84esimo congresso nazionale della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST), che si terrà a Firenze dal 10 al 13 giugno e i risultati sono quelli di una indagine condotta da un gruppo di ricercatori della Brown University del Rhode Island.
«Sono sempre più numerosi i casi di pazienti che arrivano dal dermatologo con una dermatite localizzata intorno all’orecchio e sull’orecchio stesso - rivela Torello Lotti, presidente del Congresso e neoeletto presidente dell’International Society of Dermatology - i segni sono quelli di una dermatite da contatto classica: arrossamento, prurito, vescicole. E la zona, molto circoscritta, aiuta a sospettare subito del cellulare».
Secondo Annarosa Virgili, direttrice della clinica dermatologica dell’ospedale universitario Sant’Anna di Ferrara,«è molto difficile, quando si acquista un telefonino, sapere se contiene nichel o cromo: meglio comunque, soprattutto se già è stata diagnosticata un’allergia da contatto, preferire cellulari che abbiano le parti esterne in plastica. In ogni caso si può fare un piccolo test per la presenza di nichel: in commercio sono disponibili semplici kit che consentono di rilevare la presenza del metallo. E se il telefonino dei desideri è a rischio e proprio non se ne può fare a meno, è meglio rivestirlo con una copertura protettiva in plastica o tessuto».
Cosa fare per ridurre il rischio di allergia? Il consiglio degli esperti è ridurre l’uso del cellulare, oppure utilizzare gli auricolari, che generalmente non danno problemi di allergia, ma se è ormai troppo tardi e l’allergia e sopravvenuta, è bene intervenire con antistaminici o cortisonici.
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L'estratto di Tè Verde riduce il Colesterolo e i Trigliceridi
L'estratto di Tè Verde riduce il Colesterolo e i Trigliceridi.
Il Tè Verde contiene potenti antiossidanti, le CATECHINE, di cui recentemente è stata riconosciuta anche la proprietà di PREVENIRE le malattie vascolari cardiache e cerebrali.
Le Catechine, infatti, appaiono capaci di ridurre il Colesterolo Totale e quello LDL e di aumentare il Colesterolo HDL (il colesterolo LDL è detto "cattivo" perchè aumenta il rischio vascolare mentre quell HDL è detto "buono" perchè lo diminuisce).
Ed ecco la novità: un recente studio, pubblicato sul Journal of the American College of Nutrition da Tinahones e colleghi, ha dimostrato che un ESTRATTO in capsule di Tè verde contenente 375 mg di catecolo e 150 mg di caffeina è in grado di MIGLIORARE sensibilmente, in 6 settimane, alcuni importanti fattori di rischio vascolare.
Tali concentrazioni corrispondono a circa 6,5 gr. di Tè Verde al giorno, cioè a 3-4 tazze, che sono poi le "dosi" necessarie per ottenere gli effetti benefici descritti, quantità che in Italia non sono per nulla abituali.
Lo studio è stato condotto su 14 donne sane di età media di 35 anni. La prima settimana hanno assunto placebo mentre le successive sei settimane hanno assunto le capsule descritte di estratto di Tè Verde.
Sono stati quindi valutati questi parametri:
Colesterolo Totale
Colesterolo LDL
Colesterolo HDL
Entità dell'ossidazione delle LDL
Trigliceridi
Funzionalità vascolare dell'arteria Brachiale (una delle principali arterie del braccio)
I risultati sono stati i seguenti:
LDL ossidate: RIDUZIONE del 37,4%
Trigliceridi: RIDUZIONE significativa.
Arteria Brachiale: INCREMENTO del 50% circa del flusso ematico.
Colesterolo Totale e HDL: concentrazioni invariate.
Questo studio è stato effettuato su un piccolo numero di persone, tutte donne, di giovane età media e in buona salute e quindi non possiamo trasferirne automaticamente i risultati su casi diversi per sesso, età, stato di salute etc.
Nonostante ciò esso ci dà la provata indicazione del fatto che un INTEGRATORE di Catechine e Caffeina ha una azione BENEFICA su vari fattori di rischio vascolare.
Quindi, l'integrazione con estratto di Tè Verde è un valido componente nell'ambito di un serio programma di prevenzione delle malattie vascolari prescritto da un medico esperto.
Questo INTEGRATORE è una UTILE "arma" quando:
i farmaci specifici non sono tollerati o non sono indicati;
si deve agire sia sul Colesterolo sia sui Trigliceridi (che normalmente richiedono farmaci differenti);
si vogliono associare diverse strategie preventive farmacologiche e/o non farmacologiche;
non si intende assumere farmaci pur volendo ridurre il proprio rischio vascolare.
Insomma, ancora una volta, la Natura e la Medicina sono alleate per la Salute!
Il Tè Verde contiene potenti antiossidanti, le CATECHINE, di cui recentemente è stata riconosciuta anche la proprietà di PREVENIRE le malattie vascolari cardiache e cerebrali.
Le Catechine, infatti, appaiono capaci di ridurre il Colesterolo Totale e quello LDL e di aumentare il Colesterolo HDL (il colesterolo LDL è detto "cattivo" perchè aumenta il rischio vascolare mentre quell HDL è detto "buono" perchè lo diminuisce).
Ed ecco la novità: un recente studio, pubblicato sul Journal of the American College of Nutrition da Tinahones e colleghi, ha dimostrato che un ESTRATTO in capsule di Tè verde contenente 375 mg di catecolo e 150 mg di caffeina è in grado di MIGLIORARE sensibilmente, in 6 settimane, alcuni importanti fattori di rischio vascolare.
Tali concentrazioni corrispondono a circa 6,5 gr. di Tè Verde al giorno, cioè a 3-4 tazze, che sono poi le "dosi" necessarie per ottenere gli effetti benefici descritti, quantità che in Italia non sono per nulla abituali.
Lo studio è stato condotto su 14 donne sane di età media di 35 anni. La prima settimana hanno assunto placebo mentre le successive sei settimane hanno assunto le capsule descritte di estratto di Tè Verde.
Sono stati quindi valutati questi parametri:
Colesterolo Totale
Colesterolo LDL
Colesterolo HDL
Entità dell'ossidazione delle LDL
Trigliceridi
Funzionalità vascolare dell'arteria Brachiale (una delle principali arterie del braccio)
I risultati sono stati i seguenti:
LDL ossidate: RIDUZIONE del 37,4%
Trigliceridi: RIDUZIONE significativa.
Arteria Brachiale: INCREMENTO del 50% circa del flusso ematico.
Colesterolo Totale e HDL: concentrazioni invariate.
Questo studio è stato effettuato su un piccolo numero di persone, tutte donne, di giovane età media e in buona salute e quindi non possiamo trasferirne automaticamente i risultati su casi diversi per sesso, età, stato di salute etc.
Nonostante ciò esso ci dà la provata indicazione del fatto che un INTEGRATORE di Catechine e Caffeina ha una azione BENEFICA su vari fattori di rischio vascolare.
Quindi, l'integrazione con estratto di Tè Verde è un valido componente nell'ambito di un serio programma di prevenzione delle malattie vascolari prescritto da un medico esperto.
Questo INTEGRATORE è una UTILE "arma" quando:
i farmaci specifici non sono tollerati o non sono indicati;
si deve agire sia sul Colesterolo sia sui Trigliceridi (che normalmente richiedono farmaci differenti);
si vogliono associare diverse strategie preventive farmacologiche e/o non farmacologiche;
non si intende assumere farmaci pur volendo ridurre il proprio rischio vascolare.
Insomma, ancora una volta, la Natura e la Medicina sono alleate per la Salute!
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I GRASSI ACCENDONO L'ORMONE DELLA FAME
I GRASSI ACCENDONO L'ORMONE DELLA FAME
Tutta colpa di patate fritte, formaggi cremosi e maionese.
A risvegliare l’ormone della fame, che ci spinge a rimpinzarci e quindi ad accumulare chili di troppo, non è il fatto di avere lo stomaco vuoto, ma piuttosto l’assaggio di cibi grassi.
Secondo una ricerca condotta dall’Università di Cincinnati (Usa), infatti, sembra che la grelina (meglio nota come ormone della fame), sia attivata proprio dai grassi presenti nel cibo che mangiamo.
Un meccanismo che entra in gioco per ottimizzare il metabolismo dei nutrienti e favorire lo stoccaggio dei grassi corporei. Lo studio, spiega il team di Matthias Tschop su Nature Medicine, punta il dito sul ruolo dell’enzima Goat nello stomaco, responsabile dell’attivazione della grelina. Si tratta, secondo i ricercatori, di un possibile bersaglio per future terapie mirate a trattare le malattie metaboliche e l’obesità.
La grelina si accumula durante i periodi di digiuno e si trova nell’organismo in alte concentrazioni poco prima del pasto. Se somministrata in dosi farmacologiche, agisce nel cervello stimolando animali e uomini a mangiare.
Ma i nuovi dati dei ricercatori americani suggeriscono che gli acidi grassi necessari per l’attivazione dell’ormone arrivano direttamente dai lipidi ingeriti nel menù. Per dimostrarlo i ricercatori hanno usato un modello di topolini geneticamente modificato, con il gene per l’enzima Goat spento.
Così si è visto che questi animali, nonostante una dieta ricca di grassi, accumulavano peso meno degli esemplari normali. Il contrario accadeva negli animali in cui il gene era iper-espresso. Insomma, «più Goat vuol dire accumulare più peso» se si segue una dieta ipercalorica, conclude lo studioso.
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Tutta colpa di patate fritte, formaggi cremosi e maionese.
A risvegliare l’ormone della fame, che ci spinge a rimpinzarci e quindi ad accumulare chili di troppo, non è il fatto di avere lo stomaco vuoto, ma piuttosto l’assaggio di cibi grassi.
Secondo una ricerca condotta dall’Università di Cincinnati (Usa), infatti, sembra che la grelina (meglio nota come ormone della fame), sia attivata proprio dai grassi presenti nel cibo che mangiamo.
Un meccanismo che entra in gioco per ottimizzare il metabolismo dei nutrienti e favorire lo stoccaggio dei grassi corporei. Lo studio, spiega il team di Matthias Tschop su Nature Medicine, punta il dito sul ruolo dell’enzima Goat nello stomaco, responsabile dell’attivazione della grelina. Si tratta, secondo i ricercatori, di un possibile bersaglio per future terapie mirate a trattare le malattie metaboliche e l’obesità.
La grelina si accumula durante i periodi di digiuno e si trova nell’organismo in alte concentrazioni poco prima del pasto. Se somministrata in dosi farmacologiche, agisce nel cervello stimolando animali e uomini a mangiare.
Ma i nuovi dati dei ricercatori americani suggeriscono che gli acidi grassi necessari per l’attivazione dell’ormone arrivano direttamente dai lipidi ingeriti nel menù. Per dimostrarlo i ricercatori hanno usato un modello di topolini geneticamente modificato, con il gene per l’enzima Goat spento.
Così si è visto che questi animali, nonostante una dieta ricca di grassi, accumulavano peso meno degli esemplari normali. Il contrario accadeva negli animali in cui il gene era iper-espresso. Insomma, «più Goat vuol dire accumulare più peso» se si segue una dieta ipercalorica, conclude lo studioso.
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sabato 6 giugno 2009
Investi in salute, il guadagno è assicurato
Investi in salute, il guadagno è assicurato
di Eva Benelli
«Tra cinquant’anni il 2001 potrebbe essere ricordato per questi due avvenimenti: l’attacco dell’11 settembre e la pubblicazione del rapporto della Commissione su macroeconomia e salute dell’Organizzazione mondiale della sanità». Con queste parole, Richard Smith, direttore del prestigioso British Medical Journal , apre il suo ultimo editoriale, presentando un rapporto che in Italia, invece, è passato per lo più sotto silenzio. Lo scorso 20 dicembre, infatti, la Commissione sulla macroeconomia e la salute, incaricata direttamente da Gro Harlem Brundtland, direttore generale dell’Oms, a gennaio del 2000, ha concluso i suoi lavori e li ha resi pubblici con un ponderoso testo: «Macroeconomia e salute, investire in salute per lo sviluppo economico» (Oms, 200 pagine), disponibile anche on line. Ma che cosa contiene questo rapporto di così rivoluzionario da guadagnarsi una (probabile) citazione tra le pietre miliari del primo anno del nuovo millennio? La conclusione cui è giunta la Commissione, presieduta dall’economista Jeffrey Sachs, direttore del Centro internazionale per lo sviluppo dell’università di Harvard, in effetti capovolge l’approccio seguito finora dalle agenzie internazionali e dai singoli governi quando si tratta di aiuti allo sviluppo. «Migliorare la salute pubblica costituisce uno strumento fondamentale per la crescita economica» si legge nel rapporto. Ma non basta, gli esperti incaricati dalla Brundtland, diciotto personalità del mondo dell’economia, della salute pubblica e dei decisori politici, si spingono ben più in là, lanciano una sfida ai governi più ricchi del pianeta: investire come non si è mai fatto in salute. La proposta è dettagliata: con un investimento annuale di 66 miliardi di dollari (72 miliardi di euro), si potrebbero salvare 8 milioni di vite all’anno, ma nel giro di quindici anni si arriverebbe a un ritorno economico, ancora una volta annuale, di 360 miliardi di dollari (396 miliardi di euro). Come dire: migliorare la salute delle persone rende, forse più di quello che rende devastargliela. Fino ad oggi l’idea dominante di tutti gli interventi di aiuto ai paesi poveri è stata che le condizioni di salute delle persone migliorano automaticamente con lo sviluppo e la crescita economica. Ora, la conclusione della Commissione Oms è diametralmente opposta: il miglioramento della salute è una condizione indispensabile perché possa realizzarsi lo sviluppo. Jeffrey Sachs non è nuovo a queste rivoluzioni copernicane, meno di un anno fa, dalla tribuna della conferenza internazionale sui retrovirus ha accusato i paesi ricchi di non aver fatto quello che sapevano e potevano fare per arginare il dilagare dell’Aids (anche L’Unità ne ha parlato). Ora, l’intervento della Commissione da lui presieduta è più generale e sottolinea un altro aspetto fondamentale: investire in salute non è solo eticamente giusto, ma anche economicamente redditizio. La domanda, a questo punto, diventa: le grandi potenze hanno i soldi necessari per un investimento di questo tipo? Facciamo due conti e una premessa. La premessa: il rapporto suggerisce che l’investimento necessario venga diviso in due parti: metà a carico dell’aiuto internazionale allo sviluppo (e quindi ai governi dei paesi ricchi) mentre l’altra metà dovrebbe accollarsela gli stessi governi dei paesi poveri, che dovrebbero quindi rivedere le priorità assegnate ai propri budget. Per i paesi ricchi non si tratterebbe di uno sforzo insignificante: dovrebbero passare, infatti, dagli attuali 6 miliardi di dollari l’anno investiti collettivamente (e in misura diversa, è ovvio) a 27 miliardi di dollari (30 miliardi di euro) entro il 2007 e infine a 38 miliardi di dollari (42 miliardi di euro) entro il 2015. Insomma, si tratterebbe di tirare fuori una cifra superiore di oltre sei volte quella destinata oggi agli aiuti allo sviluppo. A ben vedere, tuttavia, anche uno sforzo tanto rilevante vorrebbe pur sempre dire impegnare non più dello 0,1% del prodotto interno lordo (Pil). Sempre infinitamente meno di quanto sarebbe richiesto ai paesi più poveri. Per loro, infatti, vorrebbe dire rivedere le proprie politiche di spesa fino a destinare l’1% del Pil entro il 2007 e poi addirittura il 2% entro il 2015 agli investimenti per la salute. Tutto sommato non sembrano cifre impossibili, soprattutto se sull’altro piatto della bilancia si mettono i guadagni ricavabili da questo investimento. Secondo Sachs e il suo gruppo, investendo 66 miliardi di dollari se ne possono ricavare almeno 6 volte tanti, oltre a salvare vite umane e guadagnare stabilità politica. Le gravi malattie come l’Aids, la malaria e la tubercolosi, infatti, possono arrivare a destabilizzare una intera economia e quindi un regime politico, sottolinea il Rapporto. Non per niente la Commissione consiglia tra le prime misure di accrescere i fondi destinati a combattere Aids, malaria e tubercolosi, portandoli a 8 miliardi di dollari l’anno entro il 2007. Ascolteranno gli esperti i diretti interessati? Gli stessi membri della Commissione sanno quanto sia difficile: «sappiamo bene che ci sono paesi donatori che, malgrado la loro enorme ricchezza, si sottraggono sistematicamente ai loro obblighi internazionali. E sappiamo che molti paesi destinatari dell’aiuto rinunciano al buon governo necessario a proteggere le proprie popolazioni», scrivono nel rapporto. Jeffrey Sachs si dice comunque, necessariamente, ottimista: «l’11 settembre ha dimostrato quello che il collasso sociale di una parte del mondo può significare per tutti gli altri».
di Eva Benelli
«Tra cinquant’anni il 2001 potrebbe essere ricordato per questi due avvenimenti: l’attacco dell’11 settembre e la pubblicazione del rapporto della Commissione su macroeconomia e salute dell’Organizzazione mondiale della sanità». Con queste parole, Richard Smith, direttore del prestigioso British Medical Journal , apre il suo ultimo editoriale, presentando un rapporto che in Italia, invece, è passato per lo più sotto silenzio. Lo scorso 20 dicembre, infatti, la Commissione sulla macroeconomia e la salute, incaricata direttamente da Gro Harlem Brundtland, direttore generale dell’Oms, a gennaio del 2000, ha concluso i suoi lavori e li ha resi pubblici con un ponderoso testo: «Macroeconomia e salute, investire in salute per lo sviluppo economico» (Oms, 200 pagine), disponibile anche on line. Ma che cosa contiene questo rapporto di così rivoluzionario da guadagnarsi una (probabile) citazione tra le pietre miliari del primo anno del nuovo millennio? La conclusione cui è giunta la Commissione, presieduta dall’economista Jeffrey Sachs, direttore del Centro internazionale per lo sviluppo dell’università di Harvard, in effetti capovolge l’approccio seguito finora dalle agenzie internazionali e dai singoli governi quando si tratta di aiuti allo sviluppo. «Migliorare la salute pubblica costituisce uno strumento fondamentale per la crescita economica» si legge nel rapporto. Ma non basta, gli esperti incaricati dalla Brundtland, diciotto personalità del mondo dell’economia, della salute pubblica e dei decisori politici, si spingono ben più in là, lanciano una sfida ai governi più ricchi del pianeta: investire come non si è mai fatto in salute. La proposta è dettagliata: con un investimento annuale di 66 miliardi di dollari (72 miliardi di euro), si potrebbero salvare 8 milioni di vite all’anno, ma nel giro di quindici anni si arriverebbe a un ritorno economico, ancora una volta annuale, di 360 miliardi di dollari (396 miliardi di euro). Come dire: migliorare la salute delle persone rende, forse più di quello che rende devastargliela. Fino ad oggi l’idea dominante di tutti gli interventi di aiuto ai paesi poveri è stata che le condizioni di salute delle persone migliorano automaticamente con lo sviluppo e la crescita economica. Ora, la conclusione della Commissione Oms è diametralmente opposta: il miglioramento della salute è una condizione indispensabile perché possa realizzarsi lo sviluppo. Jeffrey Sachs non è nuovo a queste rivoluzioni copernicane, meno di un anno fa, dalla tribuna della conferenza internazionale sui retrovirus ha accusato i paesi ricchi di non aver fatto quello che sapevano e potevano fare per arginare il dilagare dell’Aids (anche L’Unità ne ha parlato). Ora, l’intervento della Commissione da lui presieduta è più generale e sottolinea un altro aspetto fondamentale: investire in salute non è solo eticamente giusto, ma anche economicamente redditizio. La domanda, a questo punto, diventa: le grandi potenze hanno i soldi necessari per un investimento di questo tipo? Facciamo due conti e una premessa. La premessa: il rapporto suggerisce che l’investimento necessario venga diviso in due parti: metà a carico dell’aiuto internazionale allo sviluppo (e quindi ai governi dei paesi ricchi) mentre l’altra metà dovrebbe accollarsela gli stessi governi dei paesi poveri, che dovrebbero quindi rivedere le priorità assegnate ai propri budget. Per i paesi ricchi non si tratterebbe di uno sforzo insignificante: dovrebbero passare, infatti, dagli attuali 6 miliardi di dollari l’anno investiti collettivamente (e in misura diversa, è ovvio) a 27 miliardi di dollari (30 miliardi di euro) entro il 2007 e infine a 38 miliardi di dollari (42 miliardi di euro) entro il 2015. Insomma, si tratterebbe di tirare fuori una cifra superiore di oltre sei volte quella destinata oggi agli aiuti allo sviluppo. A ben vedere, tuttavia, anche uno sforzo tanto rilevante vorrebbe pur sempre dire impegnare non più dello 0,1% del prodotto interno lordo (Pil). Sempre infinitamente meno di quanto sarebbe richiesto ai paesi più poveri. Per loro, infatti, vorrebbe dire rivedere le proprie politiche di spesa fino a destinare l’1% del Pil entro il 2007 e poi addirittura il 2% entro il 2015 agli investimenti per la salute. Tutto sommato non sembrano cifre impossibili, soprattutto se sull’altro piatto della bilancia si mettono i guadagni ricavabili da questo investimento. Secondo Sachs e il suo gruppo, investendo 66 miliardi di dollari se ne possono ricavare almeno 6 volte tanti, oltre a salvare vite umane e guadagnare stabilità politica. Le gravi malattie come l’Aids, la malaria e la tubercolosi, infatti, possono arrivare a destabilizzare una intera economia e quindi un regime politico, sottolinea il Rapporto. Non per niente la Commissione consiglia tra le prime misure di accrescere i fondi destinati a combattere Aids, malaria e tubercolosi, portandoli a 8 miliardi di dollari l’anno entro il 2007. Ascolteranno gli esperti i diretti interessati? Gli stessi membri della Commissione sanno quanto sia difficile: «sappiamo bene che ci sono paesi donatori che, malgrado la loro enorme ricchezza, si sottraggono sistematicamente ai loro obblighi internazionali. E sappiamo che molti paesi destinatari dell’aiuto rinunciano al buon governo necessario a proteggere le proprie popolazioni», scrivono nel rapporto. Jeffrey Sachs si dice comunque, necessariamente, ottimista: «l’11 settembre ha dimostrato quello che il collasso sociale di una parte del mondo può significare per tutti gli altri».
Aumentano obesità e depressione, ma la salute degli europei migliora
Aumentano obesità e depressione, ma la salute degli europei migliora
Aumento dell'aspettativa di vita, ridotta mortalità infantile, controllo delle malattie infettive e riduzione delle morti per malattie cardiovascolari: lo stato di salute dell'Unione Europea è migliorato negli ultimi decenni. La fotografia sulla salute globale in Europa è stata scattata dal rapporto realizzato con il progetto 'Eugloreh 2007', cofinanziato dalla Commissione europea, coordinato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e dall'Istituto Superiore di Sanità.
Ecco cosa dice il rapporto: aumentano i casi di obesità tra gli adulti, le gravidanze tardive e le depressioni in età avanzata. Secondo i dati del dossier sull'aumento dell'aspettativa di vita, lo stato di salute dell'Ue è migliorato negli ultimi decenni, specialmente grazie all'efficace controllo delle malattie infettive e alla riduzione della mortalità associata alle malattie cardio-vascolari e respiratorie sin dagli anni '70, e della maggior parte dei tipi di cancro (eccetto il cancro al polmone) sin dagli anni '90.
Per quanto riguarda lo stato di salute dei gruppi di popolazione di diversa età, pur essendo il sistema di raccolta dei dati di salute principalmente focalizzato sugli adulti, si può dire che i neonati sono più sani che in passato. La mortalità infantile sta infatti continuando a diminuire ed il basso peso alla nascita (meno di 2500 grammi) continua ad essere un indicatore sanitario importante. Le conoscenze sullo stato di salute sui bambini e adolescenti fino a 18 anni di età sulle malattie croniche ad insorgenza precoce, le disabilità, le necessità di educazione speciale, abusi e traumi non fatali restano in gran parte sconosciuti. Tuttavia, segni di miglioramento dello stato di salute di bambini ed adolescenti sono evidenti nei tempi più recenti se si pone attenzione ad Hiv/Aids, incidenti e traumi fisici, mentre sindrome metabolica, sovrappeso e obesità stanno diventando più comuni.
Per le persone in età lavorativa (meno di 65 anni), le principali cause di morte sono le malattie cardiovascolari, i tumori, i traumi e gli avvelenamenti: inoltre il 15-20% degli adulti ha sofferto di qualche problema cerebrale o mentale, da lievi forme di depressione complessi disturbi neuropsichiatrici che rappresentano quattro delle sei maggiori cause di anni vissuti con disabilità. La percentuale delle persone affette dal diabete è in aumento. Sovrappeso e obesità causano circa 1 milione di morti all'anno nella regione europea dell'Oms.
I più elevati tassi di mortalità osservati negli Stati dell'Est dell'Europa all'interno dell'Ue sono principalmente dovuti alla eccessiva mortalità fra i maschi adulti, causata da malattie non trasmissibili ed incidenti. Gli anziani soffrono più frequentemente dei giovani di patologie multiple che comportano disabilità: la depressione, che colpisce il 10-15% delle persone oltre i 65 anni di età, è la principale causa di suicidio nella popolazione anziana. Gli incidenti, essenzialmente dovuti a cadute, permangono molto elevati in questa fascia di popolazione.
Per quanto riguarda le differenze fra uomini e donne, fino a 15 anni i tassi di mortalità sono simili fra maschi e femmine, mentre fra 15 e 65 anni i maschi hanno un tasso di mortalità molto più alto di quello delle femmine per tutte le principali cause di morte, che arriva fino a quattro volte per gli incidenti associati al trasporto. Se si escludono i tumori specifici di genere, gli uomini sviluppano il cancro più presto e muoiono prima. Analoghe considerazioni valgono per le malattie cardio-vascolari. Inoltre una donna su tre ed un uomo su otto mostrano sopra i 50 anni una maggiore fragilità ossea ed un aumentato rischio di frattura. Infine nell'Ue la salute della donna al momento del parto sta migliorando nel tempo e la mortalità materna si sta riducendo considerevolmente.
C'è una crescente tendenza alle gravidanze tardive ed al ricorso al parto cesareo in tutti gli Stati, mentre il ricorso a tecniche di fertilizzazione assistita mostra notevoli differenze tra i Paesi dell'Unione Europea. Le donne vanno incontro a rapporti sessuali a rischio più frequentemente degli uomini e subiscono maggiormente episodi di violenza fisica, sessuale e psicologica.
Aumento dell'aspettativa di vita, ridotta mortalità infantile, controllo delle malattie infettive e riduzione delle morti per malattie cardiovascolari: lo stato di salute dell'Unione Europea è migliorato negli ultimi decenni. La fotografia sulla salute globale in Europa è stata scattata dal rapporto realizzato con il progetto 'Eugloreh 2007', cofinanziato dalla Commissione europea, coordinato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e dall'Istituto Superiore di Sanità.
Ecco cosa dice il rapporto: aumentano i casi di obesità tra gli adulti, le gravidanze tardive e le depressioni in età avanzata. Secondo i dati del dossier sull'aumento dell'aspettativa di vita, lo stato di salute dell'Ue è migliorato negli ultimi decenni, specialmente grazie all'efficace controllo delle malattie infettive e alla riduzione della mortalità associata alle malattie cardio-vascolari e respiratorie sin dagli anni '70, e della maggior parte dei tipi di cancro (eccetto il cancro al polmone) sin dagli anni '90.
Per quanto riguarda lo stato di salute dei gruppi di popolazione di diversa età, pur essendo il sistema di raccolta dei dati di salute principalmente focalizzato sugli adulti, si può dire che i neonati sono più sani che in passato. La mortalità infantile sta infatti continuando a diminuire ed il basso peso alla nascita (meno di 2500 grammi) continua ad essere un indicatore sanitario importante. Le conoscenze sullo stato di salute sui bambini e adolescenti fino a 18 anni di età sulle malattie croniche ad insorgenza precoce, le disabilità, le necessità di educazione speciale, abusi e traumi non fatali restano in gran parte sconosciuti. Tuttavia, segni di miglioramento dello stato di salute di bambini ed adolescenti sono evidenti nei tempi più recenti se si pone attenzione ad Hiv/Aids, incidenti e traumi fisici, mentre sindrome metabolica, sovrappeso e obesità stanno diventando più comuni.
Per le persone in età lavorativa (meno di 65 anni), le principali cause di morte sono le malattie cardiovascolari, i tumori, i traumi e gli avvelenamenti: inoltre il 15-20% degli adulti ha sofferto di qualche problema cerebrale o mentale, da lievi forme di depressione complessi disturbi neuropsichiatrici che rappresentano quattro delle sei maggiori cause di anni vissuti con disabilità. La percentuale delle persone affette dal diabete è in aumento. Sovrappeso e obesità causano circa 1 milione di morti all'anno nella regione europea dell'Oms.
I più elevati tassi di mortalità osservati negli Stati dell'Est dell'Europa all'interno dell'Ue sono principalmente dovuti alla eccessiva mortalità fra i maschi adulti, causata da malattie non trasmissibili ed incidenti. Gli anziani soffrono più frequentemente dei giovani di patologie multiple che comportano disabilità: la depressione, che colpisce il 10-15% delle persone oltre i 65 anni di età, è la principale causa di suicidio nella popolazione anziana. Gli incidenti, essenzialmente dovuti a cadute, permangono molto elevati in questa fascia di popolazione.
Per quanto riguarda le differenze fra uomini e donne, fino a 15 anni i tassi di mortalità sono simili fra maschi e femmine, mentre fra 15 e 65 anni i maschi hanno un tasso di mortalità molto più alto di quello delle femmine per tutte le principali cause di morte, che arriva fino a quattro volte per gli incidenti associati al trasporto. Se si escludono i tumori specifici di genere, gli uomini sviluppano il cancro più presto e muoiono prima. Analoghe considerazioni valgono per le malattie cardio-vascolari. Inoltre una donna su tre ed un uomo su otto mostrano sopra i 50 anni una maggiore fragilità ossea ed un aumentato rischio di frattura. Infine nell'Ue la salute della donna al momento del parto sta migliorando nel tempo e la mortalità materna si sta riducendo considerevolmente.
C'è una crescente tendenza alle gravidanze tardive ed al ricorso al parto cesareo in tutti gli Stati, mentre il ricorso a tecniche di fertilizzazione assistita mostra notevoli differenze tra i Paesi dell'Unione Europea. Le donne vanno incontro a rapporti sessuali a rischio più frequentemente degli uomini e subiscono maggiormente episodi di violenza fisica, sessuale e psicologica.
giovedì 4 giugno 2009
Perché l'uomo fa pipì in piedi
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Genesi: perché l'uomo fa pipì in piedi.
- Quando Dio creò Adamo ed Eva, aveva due regali da dare a loro.
Dio disse:
- Ho due regali da darvi, uno è la possibilità di fare pipì in piedi...
Adamo interrompendo:
- Si, lo voglio io, sarebbe bellissimo, la vita sarebbe molto più semplice e molto più divertente!!!
Dio guardò Eva ed Eva fece un cenno di approvazione:
- Perché no, non è così importante per me...
Allora Dio la diede all'uomo.
Adamo urlò di gioia, fece salti e pipì da tutte le parti, spruzzò sulle pareti
e corse fino in spiaggia dove fece di nuovo pipì e ammirò il motivo che riuscì a fare sulla sabbia.
Dio ed Eva guardavano l'allegria di Adamo e alla fine Eva chiese a Dio:
- E cos'era l'altro regalo?
- Il cervello, Eva, il cervello...
.
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Genesi: perché l'uomo fa pipì in piedi.
- Quando Dio creò Adamo ed Eva, aveva due regali da dare a loro.
Dio disse:
- Ho due regali da darvi, uno è la possibilità di fare pipì in piedi...
Adamo interrompendo:
- Si, lo voglio io, sarebbe bellissimo, la vita sarebbe molto più semplice e molto più divertente!!!
Dio guardò Eva ed Eva fece un cenno di approvazione:
- Perché no, non è così importante per me...
Allora Dio la diede all'uomo.
Adamo urlò di gioia, fece salti e pipì da tutte le parti, spruzzò sulle pareti
e corse fino in spiaggia dove fece di nuovo pipì e ammirò il motivo che riuscì a fare sulla sabbia.
Dio ed Eva guardavano l'allegria di Adamo e alla fine Eva chiese a Dio:
- E cos'era l'altro regalo?
- Il cervello, Eva, il cervello...
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