Tra recessione demografica in 43 paesi del mondo
(Italia compresa)
e raddoppio della popolazione africana
Il 29 luglio le Nazioni Unite hanno rilasciato ufficialmente le nuove stime demografiche dei paesi del mondo e le prospettive di crescita fino al 2100. Un lavoro ponderoso che si avvale di una consolidata base di dati, di tecniche raffinate e di ipotesi che godono di un consenso condiviso dagli esperti. Neodemos offrirà ai lettori un’analisi più approfondita dei risultati alla ripresa delle pubblicazioni all’inizio di settembre, e si limita adesso ad un primo commento. Ci riferiamo alle risultanze della cosiddetta “variante media” (ne esistono anche una “alta” ed una “bassa”) che viene comunemente interpretata, ed utilizzata, come una vera e propria previsione. Queste nuove prospettive sostituiscono quelle elaborate nel 2012, e incorporano i dati desunti dai censimenti, dalle statistiche di stato civile e dalle indagini campionarie resi disponibili nei diversi paesi del mondo negli ultimi tre anni..
Rivista al rialzo la popolazione del mondo
La previsione del 2015 conferma, nelle sue linee generali, le conclusioni desumibili dalle previsioni fatte in passato, a riprova della ben nota stabilità delle dinamiche demografiche. Tuttavia ci sono mutamenti significativi nelle prospettive: nel 1994 si riteneva che, nel 2050, la popolazione mondiale avrebbe toccato 9,88 miliardi; dieci anni dopo, nel 2004, tale stima si abbassava a 9,07 miliardi. Nelle successive elaborazioni, la valutazione per il 2050 è stata ritoccata al rialzo: 9,31 miliardi nel 2010, 9,55 nel 2012 e 9,73 nel 2015. Dal 2010, le Nazioni Unite si sono spinte oltre, offrendo stime fino all’anno 2100 (assai azzardate data la lontananza della fine del secolo): in quell’anno la popolazione di fine secolo veniva valutata in 10,12 miliardi, valore che è poi stato rivisto al rialzo, a 10,85 e 11,31 miliardi, nelle revisioni del 2012 e del 2015. Insomma, c’è meno ottimismo circa l’entità del rallentamento della crescita demografica. O, più precisamente, c’è meno ottimismo circa la possibilità di comprimere velocemente la fecondità nei paesi dove questa è ancora molto alta.
La popolazione non è più una priorità?
Nelle discussioni preparatorie per il lancio ufficiale, nel prossimo autunno, degli Obbiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, la questione demografica sembra essere scivolata via dalle priorità internazionali. Eppure le nuove previsioni confermano la gravità – ad esempio – della questione africana: nei paesi a sud del Sahara, si rivedono al rialzo (2,123 miliardi invece di 2,074) le stime per il 2050, ben oltre il doppio degli 0,962 miliardi attuali. Si sperava che il risveglio dello sviluppo del continente andasse di pari passo con una modernizzazione demografica, ma così non è, e un incremento demografico del 121% in 35 anni appare un fenomeno fortemente inquietante. Al rialzo anche la stima della popolazione dell’India nel 2050: 1,705 miliardi contro 1,620 previsti nel 2012. Per la Cina (che perderà presto il primato demografico), invece, le stime sono al ribasso: 1,348 miliardi contro 1,385 secondo la previsione del 2015. Oggi la Cina ha 65 milioni in più dell’India, tra 35 anni ne avrà 357 in meno! Per gli altri continenti, i nuovi calcoli non portano novità di rilievo. Per l’Italia, cui la previsione del 2012 assegnava nel 2050 60 milioni di abitanti, la revisione del 2015 è al ribasso, con solo 56,5 milioni: si è (correttamente, a mio parere) meno ottimisti circa l’entità di una possibile ripresa della natalità e si è rivisto al ribasso il flusso netto di immigrazione. Vengono però rafforzate al rialzo le prospettive della speranza di vita: nel 2050 questa raggiungerebbe 88 anni per l’insieme della popolazione, e addirittura 91 anni per le donne.
Cambia la geo-demografia del mondo
Nel corso del prossimo terzo di secolo – ci fermiamo al 2050, perché andare oltre sarebbe quanto meno imprudente – cambierà fortemente la geo-demografia del globo. Anzitutto i 2,4 miliardi in più, rispetto ad oggi, della popolazione mondiale del 2050, si concentreranno nei paesi in via di sviluppo, dal momento che i paesi sviluppati rimarranno stazionari. In questi, la crescita del Nord America compenserà la flessione dell’Europa e quella del Giappone. Il 54% della crescita, poi, si concentrerà nell’Africa sub-sahariana, che oggi racchiude il 13% della popolazione mondiale, ma che nel 2050 conterà per il 22%. Tra i primi dieci paesi del mondo per popolazione entreranno Etiopia e Repubblica Democratica del Congo, ed usciranno Russia e Messico; la Nigeria scalzerà gli Stati Uniti dal terzo posto in classifica.
Cambiano fortemente anche i rapporti di forza “demografica” tra alcune regioni confinanti o in competizione. La Russia, nel 1950, aveva una popolazione tripla del confinante Pakistan, ma sarà ridotta ad un terzo nel 2050. La popolazione del Nord Africa era all’incirca pari a quelle dell’Italia nel 1950, ma ne sarà quintupla nel 2050.
La demografia minaccia la sostenibilità dello sviluppo?
Per dare una risposta a questo quesito cruciale occorrerebbe avere una buona definizione del concetto di “sostenibilità”. Nessuno, alla metà del secolo scorso, avrebbe pensato che una popolazione, oggi triplicata, avrebbe potuto essere compatibile col robusto sviluppo di gran parte del mondo. Tuttavia la questione demografica non è risolta. I ritmi di aumento dell’Africa e di alcuni altri paesi dell’Asia – unitamente allo sviluppo che in quei paesi si va generando – crea vive preoccupazioni di ordine ambientale, per quanto riguarda il loro contributo all’inquinamento e al riscaldamento globale. Rischia inoltre di accentuare le disuguaglianze e di rallentare l’uscita dalla povertà estrema di consistenti settori della popolazione. Il soddisfacimento di bisogni elementari di una popolazione in forte crescita (nutrizione, sanità, istruzione) può erodere una quota consistente delle maggiori risorse prodotte, con danno per gli investimenti e per la solidità della crescita.
Esiste anche una larga parte del mondo – gran parte dell’Europa, Russia inclusa, il Giappone, la Cina, la Tailandia, in tutto 43 paesi – nei quali la popolazione è destinata a contrarsi nei prossimi 35 anni; nei quali si accentuerà il processo di invecchiamento, si ridurranno le forze di lavoro, si modificheranno profondamente i rapporti numerici tra generazioni. Anche queste tendenze mettono in gioco la sostenibilità di delicati equilibri economici, sociali e politici.
Insomma, la demografia del mondo non genererà, da sola, squilibri o catastrofi irrimediabili. Ma ancora per molto tempo continuerà ad influenzare profondamente i meccanismi dello sviluppo. Continuerà ad esistere – a dispetto del l’ottimismo di maniera delle istituzioni internazionali – una “questione demografica” aperta.
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