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martedì 24 dicembre 2019

Dj Fabo, assolto Marco Cappato dopo la Consulta

Dj Fabo, assolto Marco Cappato dopo la Consulta


Il fatto non sussiste, non fu aiuto al suicidio

Un lungo applauso alla lettura della sentenza del processo all'esponente radicale imputato per l'aiuto al suicidio di Fabiano Antoniani. La pm Siciliano: "Fabo è stato libero di scegliere di morire con dignità". Durante l'udienza arriva la notizia della morte della mamma di Cappato

Una sentenza di assoluzione 'annunciata' è quella che si aspettava, e che è stata pronunciata, dai giudici della Corte d'assise di Milano per Marco Cappato, imputato per aiuto al suicidio per aver accompagnato Fabiano Antoniani, dj Fabo, in una clinica svizzera a morire. Assolto "perché il fatto non sussiste", ed è un lungo applauso quello che seguie la lettura della sentenza. Nell'udienza il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano era tornata a chiedere, come già fatto il 14 febbraio 2018, l'assoluzione dell'imputato. E alla fine dell'udienza ha aggiunto: "E' una giornata storica e un grande risultato perchè la decisione della Corte realizza  pienamente il significato dell'articolo due della Costituzione che mette l'uomo al centro della vita sociale e non anche lo Stato. Ora è compito del legislatore colmare le lacune che ancora ci sono". Soddisfazione anche dalla fidanzata di Antoniani, Valeria Imbrogno: "Fabiano mi avrebbe chiesto di festeggiare, siamo arrivati alla vittoria per lui: ha sempre combattuto, sono felice. La battaglia continua per tutti gli altri, quando ha iniziato voleva proprio che fosse una battaglia di libertà per tutti e oggi ci è riuscito".

Marco Cappato, prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, ha fatto una dichiarazione spontanea: "In piena sintonia e assonanza con le motivazioni che avete prospettato rimettendovi alla Corte Costituzionale la mia è una motivazione di libertà, di diritto alla autodeterminazione individuale, naturalmente all'interno di determinate condizioni, è per questo che ho aiutato Fabiano".

"Alla luce delle conclusioni della Corte Costituzione del 2019 Marco Cappato deve essere assolto perché il fatto non sussiste. Chiediamo l'assoluzione in maniera convinta ritenendo che il fatto non sussiste, la fattispecie incriminatrice non corrisponde agli elementi fattuali di cui siamo in possesso". Dj Fabo "è stato libero di scegliere di morire con dignità", ha detto in aula Siciliano. Secondo il magistrato, affiancato dal pm Sara Arduini, la scelta di Dj Fabo è avvenuta in conformità alle condizioni individuate dalla Consulta per escludere che l'accompagnamento di un malato a morire sia considerato un reato. Antoniani, ha argomentato Siciliano, soffriva di "una patologia irreversibile che gli procurava "gravi sofferenze fisiche e psicologiche", "dipendeva dalle macchine che lo tenevano in vita" e ha preso "una decisione libera e consapevole" di morire. "Fino alla mattina della morte - ha spiegato - Cappato gli ha prospettato la possibilità di scegliere una via alternativa". L'udienza è stata interrotta, a un certo punto, per una notizia triste: è morta la mamma di Marco Cappato, ricoverata da qualche giorno in ospedale a Milano. I difensori hanno chiesto qualche minuto di pausa per permettere a Cappato di uscire dall'aula dove è stato abbracciato e consolato dalla moglie. Poi, con gli occhi rossi, si è riseduto in prima fila per assistere al dibattimento.

Dj Fabo, assolto Marco Cappato dopo la Consulta


"E' stato un atto di disobbedienza civile. Noi chiediamo un'assoluzione sulla base dei principi costituzionali: nella nostra Costituzione c'è un diritto all'autodeterminazione, quale è stato quello di Cappato", le parole tuonate a febbraio in aula dall'avvocato Filomena Gallo, segretario dell'associazione Luca Coscioni, - davanti alla mamma di Fabiano, la signora Carmen Carollo e alla fidanzata Valeria Imbrogno -, prima che giudici di Milano sollevassero la legittimità costituzionale sul caso citando la Costituzione e la Convenzione dei Diritti dell'Uomo per rimarcare "i principi della libertà di ciascun individuo di decidere come e quando morire".

La decisione della Consulta sul caso Dj Fabo
Se la corte assolveva l'imputato riconoscendo a Cappato di non aver rafforzato la volontà di Fabiano di porre fine alla una vita, allo stesso tempo rimandava alla Consulta gli atti per decidere le sorti giudiziarie dell'imputato e stabilire fino a dove si spinge il "principio di autoderminazione" e il diritto alla vita. La Consulta, lo scorso settembre, ha escluso in determinati casi la punibilità dell'aiuto al suicidio e ha stabilito che saranno le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale a verificare l'esistenza delle condizioni che lo rendono legittimo. Condizioni che ricorrono, per esempio, quando si tratta di una persona tenuta in vita con l'idratazione e l'alimentazione artificiale in quanto soffre di una malattia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta tuttavia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Inoltre, ha stabilito che spetterà a un organo collegiale, cioè il Comitato etico territorialmente competente, garantire la tutela delle "situazioni di particolare vulnerabilità" e che non ricadrà sui medici
 l'obbligo di prestare l'aiuto al suicidio.

Processo Cappato, le reazioni politiche alla sentenza su Dj Fabo
"Marco Cappato per me è come un figlio, mi è stato tanto vicino nella vicenda di Piergiorgio: quando se ne andò, lui pianse, io no. Oggi tocca a me: lo stringo forte forte". Con la voce rotta dall'emozione Mina Welby, moglie di Piergiorgio, commenta all'Adnkronos l'assoluzione di Marco Cappato. "Marco sei stato grande, anche la sofferenza di tua madre ti aiutato ad arrivare alla scelta che hai fatto - sottolinea Mina Welby come se lo avesse di fronte - Tua madre ora ti sorride libera. Libera da ogni sofferenza". "Cappato è innocente per quello che ha fatto, la Corte d'Assise di Milano lo ha detto chiaro: il fatto non sussiste", ha aggiunto la co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni sollecitando il Parlamento "ad essere più coraggioso" per una legge sul suicidio assistito che superi "discriminazioni", come ha sottolineato lo stesso Cappato in aula secondo il quale l'essere attaccato a una macchina non è una condizione necessaria per fornire un aiuto al suicidio, anzi il passaggio contenuto nella sentenza della Corte Costituzione è una "discriminazione irragionevole e incostituzionale". "Fabiano Antoniani ha fatto tanta fatica a muovere quel bottone che ha sprigionato la medicina per morire. Credo serva una legge che dia la possibilità a ciascuno di una morte opportuna evitando discriminazioni nei confronti di chi quel bottone non lo può spingere. Quindi un aiuto del medico diretto", conclude Mina Welby a giudizio della quale è necessaria una normativa precisa per eutanasia e suicidio assistito.

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"Il problema vero è quello che la sentenza crea come problema di fondo: stiamo andando verso il suicidio di Stato e ci siamo persi qualsiasi riferimento alla sacralità della vita": a dirlo è il senatore della Lega Simone Pillon. Oggi la questione riguarda una persona che lo ha chiesto, sostiene Pillon, ma "domani magari qualcuno che non lo ha chiesto o che lo ha fatto in modo blando. Nei Paesi in cui si è aperto all'eutanasia chi ne usufruisce sono disabili, noi dobbiamo vigilare perché nel nostro Paese la vita non diventi un bene disponibile e di cui ciascuno può fare ciò che vuole: non è così".


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lunedì 23 dicembre 2019

Sistema Sanitario Veneto di Luca Zaia

Sistema Sanitario Veneto di Luca Zaia


La parola di un medico che opera nella sanità veneta.

 "Come si fa politicamente a passare da un sistema sanitario pubblico ad uno privato senza dirlo ai cittadini? Come si fa a chiudere reparti facendo finta di non chiuderli,
 come sta facendo Zaia in Veneto?
Lo fai un po' alla volta. Lo fai obbligando i professionisti a pagarsi
 l'assicurazione da soli, così tagli quella spesa.
Poi non assumi personale dove serve.
Poi non paghi gli straordinari o gli acquisti di prestazione dicendo che li pagherai più avanti.
Intanto i medici si trovano a spendere soldi per assicurazioni, non avere più straordinari pagati e ad essere sempre in meno a fare lo stesso lavoro che copre 24 h tutti i giorni.
Poi dai direttive come in fabbrica, pretendendo una visita ogni dieci minuti quando ne servirebbero almeno venti, in media, per avere il tempo di dire buongiorno e buonasera.
I pazienti sono scontenti perché aspettano, si innervosiscono, aggrediscono i medici che si trovano pagati male o addirittura con ore non pagate, con turni di lavoro impossibili, pazienti nervosi ed aggressivi che fanno causa per mille motivi e la tua azienda non ti copre. E vai di spese legali.
Le liste di attesa si allungano, la gente va nel privato.
La Regione intanto fa convenzioni col privato, aiutandolo. Così i medici si rendono conto che lo stesso lavoro viene loro pagato il doppio da un'altra parte senza fare 
10 notti al mese o avere impegnati due weekend su 4.
In tutto questo, i medici sono pure pochi perché un imbuto impedisce ai neolaureati di specializzarsi.
Ad un certo punto, tra pensionamenti e licenziamenti non hai più medici e il reparto non c'è più, come ginecologia a Piove di Sacco o Pediatria a Camposampiero. Pian piano tagli i servizi territoriali, appaltando alle coop per non assumere nuovi infermieri. Dai un disservizio alla popolazione e tanti infermieri neolaureati vanno in Inghilterra o Germania. 
O vanno nel privato che cresce pian piano al decrescere del pubblico.
Questa è stata la strategia di gestione del Sistema Sanitario Veneto di Luca Zaia. E non sono stati avvenimenti casuali, è un uomo troppo intelligente per accusarlo di incapacità, è stata proprio una sua scelta, condivisa dalla maggioranza in Veneto. Quello di cui non sono sicura, invece, è che i cittadini veneti lo abbiano votato convinti che avrebbe fatto tutto questo".
[Laura Frigo]

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Ma Salvini lo sa che la Regione Veneto ha emanato 
una legge per la coltivazione della canapa?



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martedì 17 dicembre 2019

Respinto Emendamento sulla Cannabis Light

Respinto Emendamento sulla Cannabis Light


L’emendamento sulla cannabis light è stato respinto
 dalla presidente del Senato Casellati, 
lasciando un settore con un indotto di 12mila posti di lavoro, 
nel panico più totale.

Dopo quasi 3 anni di battaglia e vuoto normativo, la politica aveva finalmente avuto il coraggio di proporre una norma che avrebbe garantito tranquillità per gli imprenditori, investimenti dall’estero e il riavvio di un’attività economica con un giro d’affari di decine di milioni di euro. Così non è stato.

“E’ uno schiaffo in faccia a 12mila famiglie e all’agricoltura italiana e per questo vi chiedo di vergognarvi”, ha sottolineato il senatore Matteo Mantero, che ha poi chiesto alla presiedete Casellati “di dimostrare che la sua scelta sia scevra da qualsiasi pressione e di voler mettere in calendario alla prima seduta utile la richiesta d’urgenza sottoscritta da 50 senatori per lavorare alla modifica della legge sulla canapa industriale, richiesta che io ho presentato a luglio. Chiedo l’impegno di metterla a votazione alla prima seduta utile per dare la speranza a questi agricoltori”.

Da quello che riporta un Sito Specializzato, econdo l’avvocato Giacomo Bulleri, esperto di settore: “E’ una valutazione politica e non tecnica, in quanto l’emendamento era conforme alle esigenze produttive e industriali dello stato, rappresenta uno strappo istituzionale”. Il riferimento è al fatto che avrebbe modificato la legge sulla canapa industriale, una legge prettamente agricola, stabilendo che si possono commercializzati i fiori, che si possono usare tutte le parti della pianta e che il contenuto di THC possa essere al massimo dello 0,5%.

Ora, dopo quest’ennesima schizofrenia della politica italiana, l’unica possibilità è che si torni a discutere in aula delle possibili modifiche alla legge sulla canapa industriale, per ridare la fiducia alle 12mila famiglie di settore e a tutto il paese, che sulle politiche che concernono la canapa, è sicuramente più avanti dei politici che ci rappresentano.

PURTROPPO NON E' COSI'
Introdotto nella legge di Bilancio un testo che legalizza il mercato
di cannabis light sino allo 0,5% di THC...

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domenica 15 dicembre 2019

Cannabis Light: la fine della farsa della Caccia alle Streghe

Introdotto nella legge di Bilancio un testo che legalizza il mercato   di cannabis light sino allo 0,5% di THC


Introdotto nella legge di Bilancio un testo che legalizza il mercato
 di cannabis light sino allo 0,5% di THC.

E’ stato accolto con un sospiro di sollievo da tutto il mondo della canapa industriale italiana. Il subemendamento introdotto nella legge di Bilancio al Senato permetterà infatti, se approvato definitivamente, di dare certezza di legalità a tutta la filiera della cannabis light, infiorescenze comprese, quando il prodotto non contiene più dello 0,5% di THC.

Il testo introduce quindi esplicitamente il limite dello 0,5%, prima riferimento giurisprudenziale per definire la psicoattività potenziale della cannabis, esplicita la possibilità di commercializzare tutte le parti della pianta di cannabis light ed impone una tassazione sui prodotti. Il subemendamento, introdotto nel testo del maxiemendamento alla finanziaria, è ora compreso nel pacchetto che sarà votato con la fiducia al Senato e quindi alla Camera.

Luca Marola, attivista antiproibizionista, fondatore di EasyJoint e proprio per questo oggi sotto processo per spaccio (di cannabis light) a Parma commenta così: “dopo due anni e mezzo di lotta pare arrivi il riconoscimento della bontà delle nostre motivazioni. Abbiamo smascherato la follia del proibizionismo, creato dal nulla una filiera agricola e commerciale non immaginabili solo 2 anni fa, siamo riusciti a far correggere la legge sulla canapa e sugli stupefacenti negli aspetti più controversi.” Ma questa guerra al canapone non è stata senza vittime: “ma quanti morti e feriti sono caduti… – continua Marola – Un pensiero va alle decine di imprese agricole e commerciali che,a causa della follia proibizionista politica e giudiziaria, sono state costrette a chiudere ed un ringraziamento va ai 6 senatori dei tre gruppi di maggioranza che ci hanno creduto fino in fondo, a tutti i senatori che l’hanno approvato ed al governo. L’attività a favore di una regolamentazione complessiva della cannabis continua. Oggi l’Italia è un Paese migliore e più moderno, connesso con i grandi cambiamenti globali sulla cannabis in corso.”

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Quello di cui parla Salvini, in realtà, non trova riscontro nei dati. Secondo il primo studio pubblicato in merito, realizzato dalla #EuropeanEconomicReview che ha incrociato i dati della polizia sui sequestri di cannabis con quelli della presenza dei famosi “negozi turistici”, esiste addirittura un circolo virtuoso che determina una diminuzione del giro d’affari illegale: nelle 106 province prese in analisi si è registrata una diminuzione dell’11-12% dei sequestri per ogni punto vendita e dell’8% nella disponibilità di hashish. Lo studio suggerisce inoltre che le organizzazioni criminali – che vedono nello spaccio la loro principale fonte di guadagno –  dall’introduzione dei #CannabisLightShop abbiano perso circa 200 milioni l’anno...  https://cipiri3.blogspot.com/2019/12/eroina-aumenta-il-consumo-ma-in-italia.html

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Eroina: Aumenta il Consumo ma in Italia si Combatte la Cannabis Light


Eroina: Aumenta il Consumo ma in Italia si Combatte la Cannabis Light



Sono 80, hanno un’età media di 39 anni e sono perlopiù uomini. 58 di loro erano in compagnia, 12 da soli e dei restanti 10 non si sa come siano morti. Sono le persone decedute per overdose da eroina dal primo gennaio 2019 a oggi, in appena sei mesi. Ce ne sono poi altri 21, morti per colpa di una sostanza non identificata, ma che è probabile che in molti casi fosse la stessa. 
Altre 68 sono le morti sospette.

IN 2 ANNI L’EROINA È AUMENTATA DEL 103% E LE MORTI DEL 10%. 
MA L’ITALIA COMBATTE LA CANNABIS

I decessi per overdose di eroina rappresentano oggi in Italia circa il 60% del totale dei morti per droga e l’anno scorso sono stati 161, in crescita per il secondo anno consecutivo. Sono diversi mesi infatti che sui giornali si parla del “ritorno dell’eroina”, una sostanza che si pensava appartenesse ormai al secolo scorso, relegata in libri cult come Noi i ragazzi dello zoo di Berlino e alle pubblicità progresso degli anni Novanta. Immagini come quella diffusa a inizio anno, dei due giovani che fumano eroina su un vagone della metropolitana di Milano, sembrano davvero riportarci a un immaginario vecchio di decenni, di ragazzi che
 muoiono d’overdose nei bagni della stazione. Ma è una visione naïf.



Sono in molti, infatti, gli esperti che sostengono che ci stiamo raccontando una grande favola collettiva e che, in realtà, l’eroina non se n’è mai andata. Come spiega a Tutta la città ne parla il dottor Salvatore Giancane, tossicologo e specialista nel trattamento delle tossicodipendenze, per un certo periodo di tempo questa sostanza è passata in secondo piano, sostituita da una diversa, più adatta ai tempi e soprattutto molto redditizia per le organizzazioni criminali: la cocaina. Oggi le cose stanno cambiando per due motivi. Prima di tutto, sono cambiate le esigenze dei consumatori: quella che negli anni Ottanta e Novanta era voglia di aumentare la propria concentrazione, resistenza o performance in generale, oggi si è trasformata in una necessità di evasione dalla realtà. In secondo luogo, gli ultimi sviluppi sul piano geopolitico hanno fatto sì che in Afghanistan, il Paese da cui proviene la maggior parte dell’eroina spacciata in Italia, aumentasse l’offerta e diminuissero i prezzi. Oggi infatti procurarsi una dose è molto economico, specialmente nei “supermercati della droga” come Rogoredo a Milano o Tor Bella Monaca a Roma, dove può costare anche meno di un pacchetto di sigarette – 2, 4, 5 euro. Così, nel nostro Paese, i sequestri di eroina sono aumentati negli ultimi 2 anni di oltre il 103%.


Proprio la diminuzione del prezzo dell’eroina sul mercato è uno dei fattori che potrebbe aver fatto sì che questa droga si diffondesse sempre di più tra i giovani. Secondo quanto ricostruito in uno studio del Cnr già nel 2014, l’età media in cui i ragazzi provano questa sostanza per la prima volta si è abbassata a 14 anni, e un’inchiesta de L’Espresso ha mostrato come, negli ultimi 5 anni, la presa in carico ai servizi sociali di minori tossicodipendenti sia quasi raddoppiata. Questo avviene anche perché, spesso, sulle piazze di spaccio questa droga viene venduta per essere consumata insieme alle altre, quelle leggere, o per limitare gli effetti della cocaina. Il fatto che non sia più necessario commettere crimini, come furti o rapine, per procurarsela – proprio per via del costo irrisorio – ha abbassato poi notevolmente le possibilità che i consumatori vengano “scoperti”, da parenti o amici o dalle forze dell’ordine, e quindi anche accompagnati in un percorso di riabilitazione.



Secondo un’analisi dell’Economist, l’eroina è la sostanza che crea la dipendenza più dannosa per sé e per gli altri (gli è stato assegnato un punteggio di 55 su una scala ipotetica di 100) – dopo l’alcool (più di 70 su 100). Seguono il crack, le metanfetamine, la cocaina, il tabacco. La cannabis ha un effetto negativo calcolato con un valore di 20 su 100. In Italia, però, specialmente in seguito alla legge 49 del 21 febbraio 2006, nota come Fini-Giovanardi, si è fatta un po’ di confusione sui reali effetti delle varie sostanze stupefacenti, equiparando le controindicazioni di droghe leggere e pesanti. Questo, secondo il dottor Giancane, ha creato un problema enorme. “Dire ai ragazzi per tanto tempo che le droghe sono tutte uguali non è servito ad alzare il livello di attenzione, ma ha banalizzato le altre droghe. Il messaggio ‘le droghe sono tutte uguali’ è un messaggio devastante,” ha dichiarato a Radio tre. Diciamo ai ragazzi che la cannabis è il preludio della tossicodipendenza e del fallimento nella vita, ma poi loro non riscontrano questo dato nell’esperienza quotidiana, personale e di amici, e quindi sono propensi a credere che gli allarmismi lanciati sulle altre droghe siano altrettanto esagerati. Questo non riguarda solo l’eroina: un altro grosso problema dell’attuale consumo di stupefacenti tra i giovani, infatti, è che essi tendono a consumare anche farmaci legali usati per curare patologie gravi, acquistati sul mercato nero. Questi, mischiati con altre sostanze o con l’alcool, possono dare una “botta” simile a quella dell’eroina. Il problema, però, è che i ragazzi ne sottovalutano gli effetti proprio perché pensano di assumere sostanze controllate e si illudono di poterne gestire le conseguenze perché sono loro a “crearsi” la propria dose.

Questo abbassamento generale della guardia ha poi fatto sì che dal 2005 i fondi nazionali per i progetti di supporto alle tossicodipendenze si interrompessero. Oggi, ad esempio, non ci sono più soldi per svolgere le lezioni che gli operatori delle aziende sanitarie tenevano nelle scuole, per sensibilizzare i giovani al consumo consapevole delle sostanze stupefacenti. A livello regionale le situazioni sono diverse, ma la tendenza è la stessa. In Lombardia, sede come detto di una delle più grosse piazze di spaccio europee, in circa 7 anni i finanziamenti sono diminuiti dell’80%.



Tutti questi motivi costituiscono la ragione per cui, come ricostruisce Dataroom, il numero di decessi per eroina – che è stato in calo per 16 anni, dal 2000 al 2016 – nel 2017 è ricominciato a salire, determinando un aumento di quasi il 10% in un solo anno. Nonostante l’evidenza, l’approccio dell’attuale governo sembra però avere lo stesso impianto ideologico di quello che, solo 5 anni fa, è stato dichiarato incostituzionale. Addirittura, il ministro dell’Interno Matteo Salvini pone nello stesso calderone droghe leggere, pesanti e sostanze che con la droga non hanno nulla a che vedere, come la cannabis light. “Domani stesso darò indicazione a tutti i responsabili della pubblica sicurezza e delle forze dell’ordine in Italia di andare a controllare, uno per uno – per quanto mi riguarda con l’obiettivo di chiuderli – tutti i presunti negozi turistici di cannabis che vanno sigillati dal primo all’ultimo perché sono un incentivo all’uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti.”

Quello di cui parla Salvini, in realtà, non trova riscontro nei dati. Secondo il primo studio pubblicato in merito, realizzato dalla European Economic Review che ha incrociato i dati della polizia sui sequestri di cannabis con quelli della presenza dei famosi “negozi turistici”, esiste addirittura un circolo virtuoso che determina una diminuzione del giro d’affari illegale: nelle 106 province prese in analisi si è registrata una diminuzione dell’11-12% dei sequestri per ogni punto vendita e dell’8% nella disponibilità di hashish. Lo studio suggerisce inoltre che le organizzazioni criminali – che vedono nello spaccio la loro principale fonte di guadagno – 
  dall’introduzione dei cannabis light shop abbiano perso circa 200 milioni l’anno

Eroina: Aumenta il Consumo ma in Italia si Combatte la Cannabis Light


I soldi che l'ex ministro stava dedicando alla lotta contro i mulini a vento potrebbero essere stanziati per combattere il reale problema delle tossicodipendenze. Per esempio attraverso seri corsi nelle scuole, il contrasto alla criminalità organizzata italiana e straniera che importa questo genere di sostanze, ma anche approcci definiti di “riduzione del danno”, ovvero una serie di strategie atte a contenere le conseguenze negative del consumo di stupefacenti, come la trasmissione di malattie e le morti per overdose. Il primo Paese che ha utilizzato questo approccio è l’Olanda, nel 1984, che ha implementato un programma di distribuzione di siringhe sterilizzate, seguita poi dalla Svizzera, che nell’86 ha aperto la prima “stanza del consumo” a Berna. Centri di questo genere non puntano a convincere i consumatori a smettere, ma a fornire loro le condizioni più sicure per fare uso delle sostanze stupefacenti, limitando i danni e sensibilizzandoli a un consumo consapevole.

Il Drop In di Collegno, vicino Torino, è un esperimento di questo genere. Si trova in un parco pubblico e fornisce ai consumatori siringhe e aghi sterilizzati, acqua e il Narcan, un farmaco utile a fermare l’overdose. Fanno anche test sulle sostanze stupefacenti, comunicando ai consumatori l’effettiva percentuale di droga e quella di “taglio” presente nella dose. Come questo ce ne sono altri 152 in tutto lo stivale, così come rilevato da una ricerca curata da Arcigay, Cica e Gruppo Abele nel 2017. Secondo i dati da loro raccolti sono 33mila le persone che hanno avuto accesso a questi servizi e circa la metà hanno meno di 25 anni. Come racconta Riccardo Facci, presidente del Cnca, la cara vecchia “guerra alla droga” si è rivelata un fallimento a tutte le latitudini, spesso trasformata in una lotta contro i consumatori più che contro le organizzazioni criminali e i grandi spacciatori. Forse sarebbe ora di cambiare impronta, prima che sia troppo tardi.

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Introdotto nella legge di Bilancio un testo che legalizza il mercato
di cannabis light sino allo 0,5% di THC...

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lunedì 9 dicembre 2019

Scegli : Cane o Gatto?

La tua scelta rivela molto sulla tua personalità  Quale animale domestico preferisci?   Un fedele cagnolino o un morbido e raffinato gatto?

 La tua scelta rivela molto sulla tua personalità
Quale animale domestico preferisci? 
Un fedele cagnolino o un morbido e raffinato gatto?

 Ecco cosa rivela la tua scelta

Hai un cane o un gatto. O forse entrambi. Se ti sei fermato a leggere, è certamente così. E visto che sei qui, caro lettore, ci complimentiamo con te. Amare gli animali è già un fattore distintivo.

Una caratteristica che rivela un’animo nobile e profondamente sensibile. Cane o gatto che sia. Compresi i pesci rossi e qualsiasi altra creatura vivente.

Ma quali sono i tuoi amici a quattro zampe preferiti?

Secondo un recente studio dell’Università del Texas (Stati Uniti), ci sono differenze significative nelle personalità di chi sceglie un cane piuttosto che un gatto.

Lo studio si è avvalso della partecipazione di 4565 persone, tutte proprietarie di cani e gatti.

Ebbene il 45% ha dichiarato di preferire i cani, il 12% i gatti, il 28% non ha preferenze e il restante 15% ha dichiarato di non volerne affatto.

Considerando che il legame tra le persone e i propri animali domestici è generalmente molto intenso, gli studiosi hanno stabilito che le differenze tra cani e gatti possono essere adattate alle diverse personalità umane.

In realtà quello che avviene è una sorta di “contagio “, di trasferimento delle proprie caratteristiche.

Semplificando: una persona proietterebbe sugli animali la propria personalità.

Quindi cane o gatto? Vediamo cosa rivela la nostra preferenza:

Preferisci un cane?

Probabilmente sei una persona socievole, che non teme di manifestare le proprie emozioni e i propri sentimenti. Proprio tutti, anche quelli meno positivi, i più fragili.

Inoltre sei protettivo e leale, sempre disponibile nei confronti di chi ha bisogno di aiuto o incoraggiamento.

Sempre secondo gli esperti, coloro che preferiscono i cani sono consapevoli, dotati di grande forza d’animo anche se sensibili ed emotivi.

Trovi riscontro in questo ritratto? Dipinge i tratti più incisivi della tua personalità?

Raccontaci del tuo amico a quattro zampe, del vostro legame speciale, delle vostre giornate insieme. Quanto ha cambiato la tua vita, se la tua vita è cambiata e quanto più ricca e bella è diventata.

Preferisci un gatto?

Sei certamente una persona indipendente, uno spirito libero che non teme i momenti di solitudine. Anzi. Apprezzi molto i momenti in cui ti ritrovi con te stesso.

Ami esplorare, viaggiare, scoprire sempre ciò che è nuovo e mai banale. E quando tutto questo non è possibile, ricorri al tuo ricco mondo interiore e alla fantasia.

Ti fidi degli altri, ma non facilmente e anche se rispettoso nei confronti di tutti, sei cauto nelle scelte.

Secondo lo studio coloro che preferiscono i gatti tendono al nervosismo, ma sono creativi, fantasiosi, molto attenti ai dettagli.

Sei tu? Trovi riscontro con la  tua personalità?

Gli animali domestici arricchiscono la nostra vita, la rendono più gioiosa, ricca, divertente. Più vita. Ci insegnano a comunicare con uno sguardo, con una carezza. Ad essere più umani.





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FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
ENTRA IN
MUNDIMAGO


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sabato 23 novembre 2019

Guadagna Mangiando e Dimagrendo

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giovedì 7 novembre 2019

Donne ed il Trucco

Donne ed il Trucco


Sapevate che esiste una vera e propria psicologia del trucco? 
Le donne utilizzano il make up non solo per apparire più belle,
 ma ci sono delle ragioni più profonde che spingono le donne a truccarsi. 

Scopriamo di più!
Perché le donne si truccano? Una risposta semplice potrebbe essere: per sentirsi più belle! Dietro il 
make up si celano aspetti della nostra personalità e del nostro carattere che vengono fuori dal modo in cui trucchiamo gli occhi, la bocca, o dai colori che utilizziamo. Abbellire o accentuare alcuni tratti del viso è in realtà un'arte che ritroviamo già nell'antico Egitto e nell'antica Grecia: il viso veniva arricchito con colori, perlopiù presi dalla natura, per essere abbellito, ma anche per evidenziare la personalità o lo status sociale. Tutto ciò è andato avanti nei secoli fino ad arrivare a noi. Il trucco ha quindi molto a che fare con la psicologia di una donna e con la sua voglia di sentirsi diversa e unica, oltre alla voglia di piacere.

Cosa spinge le donne a truccarsi?
Il trucco può essere considerato come una maschera che utilizziamo per nascondere oppure 
evidenziare dei tratti del nostro viso e del nostro carattere. Il make up può farci quindi apparire più 
sensuali, aggressive, dolci. Dietro al modo in cui ci si trucca riveliamo noi stessi e la voglia, a volte 
inconscia, di mostrare agli altri una determinata immagine di noi. Il trucco svela quindi anche la nostra identità psicologica: grazie al make up valorizziamo non solo l'aspetto fisico, ma anche il nostro mondo interiore, rivelando la nostra personalità e il nostro modo di essere. Attraverso il trucco ogni donna risalta la propria immagine e la propria identità esprimendo non solo ciò che è, ma anche ciò che vorrebbe essere: una donna sexy, dolce, combattiva. Con il make up risaltiamo aspetti che nascono dalla nostra psiche per rappresentare noi stesse come ci vediamo, ma anche come vorremmo essere percepite dagli altri.

Voglia di migliorarsi

Donne ed il Trucco


Trucco come necessità di far emergere la propria identità, enfatizzando quegli aspetti di noi che 
vogliamo rivelare e che ci fanno sentire migliori. Utilizzare il make up per mettere in risalto quei tratti del nostro carattere che ci rappresentano e che consideriamo importanti: il trucco quindi non solo come maschera, ma come modo per rivelare aspetti profondi di noi stesse, di come vogliamo essere viste dagli altri.
Il make up fa sentire le donne più sicure
Molte volte si tende ad etichettare le donne che si truccano come insicure, donne che hanno paura di 
rivelarsi per ciò che sono "senza maschera". In realtà chi si trucca tende a mettere in risalto tratti del 
proprio viso particolarmente attraenti o che potrebbero diventarlo con il trucco giusto: sono quindi sicure del proprio fascino, che desiderano evidenziare. 
Quando invece il trucco è indice di insicurezza? 
Quando il make up diventa eccessivo, tanto da farci apparire ridicole, significa che vogliamo camuffare il nostro aspetto, negando una parte di noi che non accettiamo. Il trucco diventa quindi una sorta di auto incoraggiamento, un modo per sentirsi più disinibite.

Donne ed il Trucco


Perché truccare gli occhi o le labbra?
Nel momento in cui utilizziamo il make up decidiamo di focalizzare l'attenzione su una parte del nostro viso. Qual è il motivo psicologico?
Truccare gli occhi in modo più accurato significa che vogliamo puntare i riflettori sulla nostra 
personalità, un modo per mostrare la propria parte interiore: gli occhi come specchio dell'anima che 
possiamo enfatizzare con il trucco. Gli occhi rappresentano anche la nostra parte più espressiva: molte donne, infatti, non possono rinunciare al mascara per sentirsi più sicure e meno "nude".
Truccare le labbra indica la voglia di mostrare la propria sensualità, soprattutto se per la nostra bocca 
scegliamo colori vivaci per mostrare tutta la nostra femminilità.
In merito ai colori, utilizzare per il make up toni accesi può essere un modo per esprimere la propria 
vivacità ma anche un modo per nascondere un velo di tristezza. I toni vivaci hanno quindi questo doppio significato, sta a noi capire la motivazione che si nasconde dietro tanta colorata vivacità. Chi preferisce i toni tenui non ama mettersi in mostra o comunque non ama stare al centro dell'attenzione, rivelando spesso un carattere timido e riservato.

Ci trucchiamo per noi stesse o per gli altri?
Se provate a chiedere a una donna: perché ti trucchi? Quasi sicuramente risponderà: per piacere a me 
stessa e, in parte, è vero. Quando utilizziamo il make up, infatti, scegliamo l'immagine che vogliamo dare di noi e che ci fa sentire a nostro agio ma in realtà non pensiamo solo a noi stesse ma anche ai nostri possibili interlocutori, all'uomo che ci piace o a quello che speriamo di attrarre, ma anche per apparire curate o attraenti sul posto di lavoro o quando usciamo per un aperitivo o una cena. Un modo per valorizzarsi ed esprimere se stesse e la propria personalità, sentendosi bene e a proprio agio.

Una ricerca spiega perché le donne si truccano
Secondo uno studio realizzato dal dottor Richard Russell, professore di psicologia al college di 
Gettysburg in Pennsilvanya (Usa), i trucco servirebbe a rendere più evidenti i contrasti di colore del 
nostro viso che ci fanno apparire più giovani. Il dott. Russell ha studiato le immagini di circa 300 donne tra i 20 e i 70 anni scoprendo che, con il passare degli anni, labbra, occhi e sopracciglia perdono parte del proprio colore mentre la pelle tende a diventare più scura: i contrasti de viso, più evidenti nelle donne giovani, tendono così ad attenuarsi con l'età. Il trucco sarebbe quindi un modo, spesso inconscio, di rendere più visibili questi contrasti, per sembrare giovani più a lungo.

Perché le donne si truccano e gli uomini no?
Quando si parla di trucco si pensa subito alle donne: sono loro infatti ad indossare rossetto, mascara, 
ombretto & company! In realtà però non è del tutto vero che i maschi non si truccano: a parte gli uomini di spettacolo che devono ricorrere al make up per ragioni di lavoro, oggi esistono molti prodotti di bellezza specifici "for men" con intere linee cosmetiche dedicate a lui. Le donne sono però da sempre più legate all'estetica, in passato la donna doveva apparire in un certo modo per essere considerata nella società mentre l'uomo veniva valutato di più per i suoi meriti, per il fare, più che per il suo aspetto: è quindi anche una questione culturale che differenzia i due sessi in questo senso. In alcune tribù africane, però, come quella dei Wodaabe, il trucco viene utilizzato come strumento di corteggiamento: gli uomini usano infatti un make up molto marcato per piacere alle donne, con un vero e proprio rituale di conquista. Certo parliamo di un caso specifico, legato alla cultura di un popolo, ma resta il fatto che nella nostra società tanto le donne, quanto gli uomini, fanno ricorso all'estetica e alla cosmesi: nessuno 
è esente quindi dal fascino di piacere e di piacersi.





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mercoledì 16 ottobre 2019

Rastrellamento Nazista del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43


Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43


Erano le 05,15 di un sabato mattina di settantasei anni fa, quando dai camion scesero le SS, chiusero ogni varco, ogni possibile uscita secondaria, non erano in cerca di violenti criminali e neppure di sanguinari Partigiani, nei loro mirini cerano: 363 uomini, 689 donne, 207 bambini. Fino alle 16,30 ci fu solo sgomento, paura, incredulità e una sottile speranza che qualcuno arrivasse e in qualche modo li potesse salvare, ma non arrivo nessuno. Per loro si aprirono i cancelli di Auschwitz e le docce, quelle che però al posto dell'acqua lasciavano uscire il gas. Ritornarono, dopo due anni, a guerra finita, non erano più 1259, ma solo in 16, 15 uomini e una donna, questo fu il rastrellamento del ghetto di Roma...io non dimentico !!!

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43


Era il 16 ottobre del 1943, quello che sarebbe passato alla storia come il “sabato nero” del ghetto di Roma. Non un giorno qualsiasi, ma quello più sacro per gli ebrei: Shabbat. Alle 5.15 del mattino le SS invasero le strade del Portico d’Ottavia e rastrellarono 1.259 persone (689 donne, 363 uomini e 207 tra bambini e bambine). A comandarle il tenente colonnello Herbert Kappler. Era stato lui a chiedere agli ebrei della Capitale di consegnargli 50 chilogrammi d’oro in due giorni, che avrebbero dovuto metterli in salvo. Un ricatto che non servì a nulla (l’episodio è mirabilmente raccontato nel film L’oro di Roma di Carlo Lizzani del 1961).

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43



Il 18 ottobre, alle 14.05 , diciotto vagoni piombati partirono con 1.203 persone dalla stazione Tiburtina, verso il campo di concentramento di Auschwitz. Soltanto 16 di loro sopravvissero (15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino, scomparsa nel 2000, torturata a Bergen-Belsen. Le sue memorie sono raccolte nel volume Gli anni rubati e la sua storia è anche diventata un documentario dal titolo Nata 2 volte: storia di Settimia ebrea romana). Ad oggi, dopo la scomparsa di Enzo Camerino il 2 dicembre 2014, Lello Di Segni è l’unico sopravvissuto. Durante il viaggio dei convogli, a nord di Padova, un giovane, Lazzaro Sonnino (qui la sua storia, ripresa da La Nuova Sardegna), riuscì a fuggire, gettandosi dal convoglio in movimento. Fatti uscire dai vagoni, i deportati vennero divisi in due file: da una parte 820, giudicati fisicamente inabili al lavoro, vennero portati nelle camere a gas; 154 uomini e 47 donne, fisicamente sani, furono in parte destinati ad altri campi di sterminio. Come ha ricordato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 75esimo anniversario del rastrellamento degli ebrei a Roma. 

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43

Rastrellamento del Ghetto di Roma 16 ottobre del ’43



“Il 16 ottobre 1943 fu un sabato di orrore, da cui originò una scia ancor più straziante di disperazione e morte: la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma costituisce una ferita insanabile non solo per la comunità tragicamente violata, ma per l’intero popolo italiano”. Quell’episodio, ha chiarito il Capo dello Stato, “fu l’inizio anche in Italia, favorita dalle leggi razziali varate dal regime fascista, di una caccia spietata che non risparmiò donne e bambini, anziani e malati, adulti di ogni età e condizione, messi all’indice solo per infame odio… Davanti all’Olocausto – abisso della storia – torniamo a inchinarci. Il ricordo non può non fermarsi sui duecento ragazzi, strappati quella mattina di ottobre dalle loro case, attorno al Portico d’Ottavia: nessuno di loro riuscì a sopravvivere e a fare ritorno nella terra dei loro padri e dei loro giochi. Le lezioni più tragiche della storia vanno richiamate alla conoscenza e alla riflessione delle giovani generazioni, affinché, nel dialogo, cresca la consapevolezza del bene comune. Il sacrificio, la tribolazione, il martirio di tanti innocenti, è un monito permanente alla nostra civiltà, che si è ricostruita promettendo solennemente ‘mai più’ e, tuttavia, ogni giorno è chiamata a operare per svuotare i depositi di intolleranza, per frenare le tentazioni di sopraffazione, per affermare il principio dell’eguaglianza delle persone e del rispetto delle convinzioni di ciascuno”.



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Psichiatri Usa contro Trump


Psichiatri Usa contro Trump


Sta mettendo a rischio
 la sicurezza nel mondo

Non lo dicono più solo i suoi avversari politici, i membri del Partito Democratico statunitense e i ragazzi delle strade nordamericane che manifestano contro la sua politica pro-suprematisti. Il presidente Donald Trump «è un chiaro e reale pericolo per il mondo, e non ci vuole più uno psichiatra per riconoscere gli allarmanti modelli di comportamento impulsivo, 
sconsiderato e narcisistico che assume».

Questa è una delle frasi chiave di una lettera spedita da un gruppo di medici e psichiatri al Congresso americano, per spiegare, e forse anche per svegliare, i suoi rappresentanti: Donald Trump è alarming, allarmante, reckless, sconsiderato e ha un narcissistic behaviour, un comportamento narcisistico. La lettera è stata spedita ad entrambi i rappresentati dei partiti, sia quello Democratico che quello Repubblicano. Secondo il parere degli psichiatri e dei medici, Donald Trump è instabile, soffre di disturbo narcisistico, non è capace di alcuna empatia. 
In una sola parola – scrivono gli scienziati – è un «pericolo».

Questo responso via lettera arriva nel momento in cui i titoli d’apertura dei maggiori quotidiani americani riguardano «le preoccupazioni bipartitiche e il dibattito acceso sulla salute mentale del presidente», scrive Usa Today. Ma, specialmente dopo la richiesta dei democratici, che hanno promosso la creazione di una «cross-party Oversight Commission on Presidential Capacity», una commissione bipartitica per la sorveglianza della capacità presidenziale, ovvero un team medico che diventerebbe responsabile della salute mentale e fisica del presidente
 dello Stato con l’arsenale più letale del mondo.

La prima voce ad alzarsi è stata quella di Jamie Raskin, un membro del Congresso del Maryland, e sono sempre più quelli che lo appoggiano. Raskin ha promosso la creazione del team medico e il giudizio della commissione potrebbe forzare Trump a lasciare la Casa Bianca se “unfit”, inadatto al ruolo. La creazione della commissione medica che determinerà lo stato della capacità fisica e mentale del presidente è prevista dal venticinquesimo emendamento della Costituzione statunitense, ratificata 50 anni fa, ma fino ad ora nessuno vi ha mai fatto ricorso.

Questo dibattito che sta scuotendo la società americana si è intensificato negli ultimi giorni, mentre Trump visitava i suoi elettori in Arizona, a Phoenix. Da quel palco, commentando la proposta del suo Congresso, Trump non ha detto niente di nuovo: è tutta roba fatta dai media disonesti, dai maledetti media disonesti, damned dishonest media.

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